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Esposizione Economico-Finanziaria - Camera dei Deputati

01/10/1998

Onorevoli Deputati,

i documenti di politica economica e di bilancio per il 1999-2001 raccolgono i frutti di una condotta dell'economia che ci ha fatto raggiungere obbiettivi di grande rilievo e che dischiude orizzonti prima preclusi di crescita e di lavoro.

A una sfida coronata dal successo - il ricupero della stabilità monetaria, il riequilibrio dei conti pubblici, la riconquista della credibilità internazionale, la partecipazione alla creazione della moneta unica europea - segue ora una sfida, ancor più ambiziosa, ancor più vitale, ancor più difficile: tradurre in atto pienamente le potenzialità di sviluppo che il Paese possiede, far divenire effettivo per ogni cittadino l'esercizio del diritto al lavoro, ampliare la partecipazione dei più deboli alle condizioni socio-economiche generali, dare loro le opportunità per poter governare responsabilmente la propria vita, costruire il nuovo pensando al benessere delle generazioni future.

La preparazione e la discussione dei documenti che il Governo sottopone al Vostro esame hanno luogo in un contesto internazionale che vede il susseguirsi di crisi economiche, sociali, politiche in vaste aree geografiche, l'insorgere di rischi, di insidie gravi per l'intera comunità mondiale, strettamente legata da interrelazioni sempre più immediate.

E dobbiamo prestare tutti la massima attenzione all'allarme lanciato ieri dal Fondo monetario internazionale: gravi pericoli incombono sull'economia mondiale. Sta alla responsabilità dei governi e delle banche centrali del mondo industriale operare in modo da ridurre l'impatto di quelle crisi sull'economia reale.

L'Europa della moneta unica si sta già dimostrando scudo per i Paesi che vi partecipano, argine solido; deve divenire elemento di forza dell'economia mondiale nel fronteggiare e superare gli effetti che quelle crisi producono, nel sostenere l'azione stessa di riequilibrio nei paesi dove quelle crisi si sono generate.

Tutto questo ci impone, ancor più che in passato, la capacità di saper coniugare l'altezza dei proponimenti con la concretezza dell'azione, per "contare" e non solo per "stare" in Europa.

Le due sfide costituiscono un continuum nella politica economica impostata dal Governo sin dal suo insediamento; nel porle e nell'affrontarle si esprime il suo modo di essere. Differiscono fortemente nell'enfasi sulle finalità e quindi negli stessi strumenti e nei modi di utilizzarli. Qui sta il nuovo. Ma non potremmo oggi porci obbiettivi ambiziosi di crescita e di occupazione, di riduzione delle condizioni di disagio sociale pur presenti tra di noi e, al tempo stesso, di partecipazione attiva in Europa e nel mondo, se non fossimo stati capaci di risanare la nostra economia, di entrare in Europa, di liberarci dalla camicia di forza di una finanza pubblica che assorbiva larga parte del risparmio privato, utilizzandolo per fini non produttivi e spiazzando l'attività imprenditoriale.

Resta, non dimentichiamolo, l'eredità del passato, il peso di un ingente debito, anche se ridotto dal venir meno del rischio Italia, della penalizzazione sui tassi di interesse.

Proprio in relazione a questa gravosa realtà, pensiamo a quanto diversi sarebbero il contenuto, la prospettiva di questi documenti, se predisposti non nell'attesa, che è certezza, della convergenza nel volgere di poche settimane anche dei nostri tassi di interesse a breve verso il livello europeo, ma in presenza del rialzo dell'intera curva degli stessi tassi, come accade ai paesi che non partecipano all'euro. Basti riandare con la mente al 1995, agli effetti della crisi messicana sui nostri mercati, finanziari e valutari, per capire quanto sia stato prezioso l'ingresso nella moneta unica.

Ed allora, impostiamo con decisione la via della crescita, perseguiamola con determinazione, ma non dimentichiamo le condizioni e i vincoli del nostro cammino: ce lo impone il rispetto degli impegni presi con gli altri paesi-euro, ce lo impone ancor più la consapevolezza che se uscissimo da quei "paletti" mancheremmo il raggiungimento degli stessi obbiettivi di crescita e di occupazione.

Il Paese è avviato su una strada ben tracciata, fa parte di un convoglio sicuro. Non ci sono scorciatoie. Porterebbero al precipizio e pagherebbero soprattutto i più deboli.

D'altra parte il Governo non ha atteso di aver passato il Rubicone dell'euro per preoccuparsi dei problemi della crescita. La riforma fiscale, la riforma dell'Amministrazione pubblica, la semplificazione e la delegificazione, la riforma del commercio e degli ordini professionali, le privatizzazioni sono tutti elementi di un disegno coerente di una politica economica di una società che vuole avanzare, che sa di aver bisogno di crescere per risolvere il problema drammatico della disoccupazione.

La condizione economica del Paese e la finanza pubblica

L'Italia conosce dall'inizio degli anni novanta un ciclo economico meno positivo di quello delle altre grandi economie industriali. Ne sono note le cause: all'inizio del decennio le gravi tensioni provocate dai forti squilibri accumulati; interni ed esterni. Poi gli inevitabili effetti dello sforzo di risanamento. Con il 1997 il risanamento si è sostanzialmente concluso, anche se sappiamo di doverlo consolidare.

Già nella seconda parte del 1997 l'economia ha dato segni chiari di ripresa. Contavamo su un loro rafforzamento nel 1998, su una velocità crescente; ciò non è avvenuto. Al netto della componente stagionale, a un primo trimestre piatto ha fatto seguito nel secondo un moderato miglioramento. Contiamo che la ripresa si rafforzi nel prosieguo dell'anno; ma, realisticamente, non pensiamo - e ci auguriamo di essere smentiti - che l'accelerazione possa essere tale da realizzare nell'anno una crescita superiore all'1,8 per cento. Ad ogni modo, il ritmo previsto ci consentirebbe di entrare nel 1999 con un effetto di trascinamento dell'1,3 per cento e di mirare a una crescita del 2,5 per cento nel nuovo anno e a un ritmo di espansione medio intorno al 3 per cento annuo nel biennio 2000-2001.

In termini nominali l'aumento del PIL nel 1998 si aggirerà sul 4,5 per cento per effetto di un deflatore del PIL che si prevede maggiore del previsto a causa del diverso andamento fra i deflatori della domanda, in aumento, e quello delle importazioni, in diminuzione.

Notizie migliori provengono per il lavoro dall'ultima rilevazione trimestrale ISTAT al luglio scorso. I dati destagionalizzati mostrano, rispetto al primo trimestre, un aumento dell'occupazione di circa 80 mila unità, concentrato nel Mezzogiorno e che ha interessato soprattutto la componente giovanile e femminile.

Hanno influito sul non favorevole andamento della congiuntura fattori di doppia origine. Le preoccupanti crisi internazionali diffondono incertezze, oltre agli effetti quantitativi di minore domanda mondiale e di più aggressiva competitività delle economie le cui monete si sono svalutate. Ma anche all'interno ha influito negativamente sulle aspettative un senso di sfilacciamento che, annebbiando l'orizzonte politico e sociale, ha generato insicurezza negli operatori, imprese e famiglie. Di qui un cauto comportamento di consumo da parte delle famiglie, già nel fondo riflessivo e più in linea, a stabilità raggiunta, con l'effettiva ricchezza del Paese.

Anche l'accumulazione si sta movendo più lentamente del previsto, rivelando una debole inclinazione degli operatori ad allungare l'orizzonte temporale delle proprie scelte, nonostante il venir meno, già dal 1997, proprio per effetto del risanamento dell'economia privata e pubblica, di molti degli ostacoli che costituivano freno alle iniziative di investimento.

In sintesi l'economia italiana è oggi caratterizzata dalla compresenza di due equilibri che tende a perpetuarsi: un equilibrio di quasi piena occupazione al Nord, un equilibrio di sottoccupazione al Sud, entrambi segnati, con ampiezza e intensità diverse, da aree di disagio sociale.

Occorre un'azione di politica economica orientata alla salvaguardia dell'equilibrio al Nord, a innalzare il livello di funzionamento dell'economia al Sud, a combattervi le cause del sottosviluppo.

Le forze di mercato, malgrado le punte di eccellenza che pure sono presenti anche nel Meridione, non riescono spontaneamente a rompere questa condizione che tiene prigioniera l'economia e la società del nostro Paese.

Si rende allora necessario un intervento forte. Il Governo ve lo propone con due iniziative, distinte, ma fra di loro congiunte: la "nuova programmazione" e il "patto sociale". In questa prospettiva, veniamo prima ai contenuti essenziali dei documenti a Voi proposti.

I provvedimenti di finanza pubblica per il 1999-2001, deliberati dal Governo e tradotti nei testi normativi presentati alla Vostra attenzione, da un lato raccolgono i frutti delle politiche economiche, ed in particolare di quelle di bilancio, adottate in precedenza; dall'altro sono responsabilmente vincolati al mantenimento degli obbiettivi che il Governo si è dato sin dal suo formarsi: in sintesi sviluppo nella stabilità e nell'equità. Tale insieme di proposte è l'attuazione del DPEF 1999-2001; riflette gli impegni assunti dal Governo italiano in sede europea e approvati dal Parlamento nel maggio scorso.

Richiamiamo le linee della manovra di finanza pubblica in esso definite: