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“Evaluation: Profession, Business or Politics?” – Centro Nazionale Ricerche

29/10/1998

La Valutazione in Italia ed in Europa: situazione e prospettive - International Conference
Centro Nazionale Ricerche - Roma
 

È con piacere che partecipo a questa Terza Conferenza Internazionale dell'European Evaluation Society. Non è senza significato il fatto che la conferenza si svolga in Italia, dove la valutazione sta assumendo un ruolo centrale nella programmazione della politica economica ai diversi livelli di responsabilità pubblica.

Questa evoluzione è il prodotto di iniziative nazionali, e comunitarie, tendenti al miglioramento dei programmi per lo sviluppo economico. Ritengo che queste iniziative possano ricevere un significativo sostegno dalle attività di questa associazione europea, la quale si è arricchita della recente creazione dell'Associazione Italiana di Valutazione.

L'occasione di riflettere insieme a voi sulla valutazione è solo apparentemente lontana dalle vicende italiane di questi giorni. Le tematiche qui in discussione sono strettamente legate alle prospettive di rilancio economico ed occupazionale al centro dell’impegno politico in Italia, come in tutta l’UE. Esse sono ben presenti nella programmazione economica e finanziaria per il prossimo triennio, e nell’impostazione della nuova fase di programmazione per il periodo 2000-2006 dell'utilizzo dei Fondi Strutturali messi a disposizione dall'Unione Europea.

Già nel programma economico proposto per il periodo 1999-2001 è stato dato risalto a tre obiettivi:

  • rilanciare l'attività di valutazione, per meglio rilevare le scelte pubbliche a obiettivi chiaramente definiti;
  • confrontare fra i diversi livelli di governo e tra le parti sociali le possibili alternative d'intervento in modo da rendere più trasparente il processo decisionale;
  • verificare l’attuazione e i risultati delle scelte operate consentendo ai cittadini di giudicare l’efficacia degli interventi.

Questi obiettivi si inseriscono in un contesto di continuità con la politica di risanamento perseguita negli ultimi anni. Le misure di contenimento del disavanzo e di riduzione del debito pubblico hanno prodotto risultati permanenti, poiché indirizzate alla eliminazione degli sprechi sia nella spesa corrente che in quella in conto capitale. I passi compiuti per conseguire i risultati che oggi sono sotto gli occhi di tutti sono stati soprattutto quelli di rafforzare, in tutte le Amministrazioni pubbliche, le capacità di valutazione e monitoraggio della spesa. Su di esse, sul confronto che esse consentono, si fonda una nuova e più efficace politica di sviluppo territoriale nel Paese.

La nuova centralità assegnata alla valutazione è fenomeno non solo italiano. Essa è legata ai processi di riorganizzazione istituzionale e amministrativa in corso in diversi Paesi europei. In Italia, inizialmente venne introdotta soltanto la valutazione "ex ante", destinandola principalmente ai grandi progetti infrastrutturali e prevedendo spesso il vincolo d’impiego dell’Analisi Costi-Benefici. La valutazione "ex post" è stata sperimentata in un periodo successivo ed in modo occasionale. Quella "in itinere" è acquisizione più recente.

La valutazione era principalmente rivolta all’analisi dei progetti di investimento in relazione alla loro coerenza interna in termini di fattibilità e di utilità microeconomica e alla loro compatibilità con obiettivi e vincoli di politica economica. Di fatto, inizialmente venne applicata soltanto ai progetti finanziati dal Fondo Investimenti e Occupazione, cioè al 3% circa della spesa per investimenti pubblici. Sono seguite esperienze più consistenti, ma pur sempre parziali rispetto al complesso degli investimenti pubblici, come nel caso dei Piani Annuali di Attuazione dell’ex Intervento Straordinario nel Mezzogiorno o del Piano straordinario di edilizia sanitaria.

Sul piano metodologico, si scelse di fare ricorso all’Analisi Costi-Benefici, attingendo alle tecniche ed esperienze tratte dalle più importanti organizzazioni internazionali di cooperazione allo sviluppo e dalla programmazione di bilancio dei principali paesi industrializzati. Tale scelta veniva incontro, a esigenze di omogeneità metodologica e di gestibilità in seno alla Pubblica Amministrazione. Si riteneva, infatti, che il personale dell’Amministrazione, di formazione prevalentemente giuridica, avrebbe potuto acquisirne gli elementi di base in misura più agevole rispetto ad altri approcci più complessi.

La valutazione ha incontrato difficoltà di diffusione oltre che di utilizzazione. Tra i motivi, va sottolineato il carattere di "estraneità" che ha continuato a contrassegnare l’attività di valutazione rispetto al contesto politico ed amministrativo. Esperienze importanti, come quella compiuta nell’ambito dell’allora Ministero del Bilancio e della Programmazione Economica con la creazione del Nucleo di Valutazione degli Investimenti Pubblici, sono rimaste isolate e parziali. Le competenze professionali acquisite dall’esterno non si sono integrate con quelle dell’Amministrazione Pubblica, venendo spesso percepite come alternative o estranee ad essa.

La scelta metodologica dell’Analisi Costi-Benefici si è rivelata di limitata efficacia, non essendo generalizzabile a tutti i contesti, come invece si è tentato di "imporre".

Anche agli inizi degli anni 90 prevaleva un indirizzo di tipo "formale", cioè volto quasi esclusivamente a rispondere a norme amministrative. Da questa impostazione non si è allontanata la programmazione degli interventi cofinanziati dai Fondi Strutturali, per i quali al contrario l’UE richiedeva una valutazione di tipo "sostanziale", rispondente a criteri economici e sociali, nella decisione, nella attuazione, nella verifica delle scelte di investimento.

Negli ultimi anni diversi fattori hanno contribuito a ricondurre l’attività valutativa ai suoi aspetti sostanziali. L’esigenza di un più stretto controllo sulla spesa pubblica rende necessaria sia una migliore allocazione delle risorse di bilancio disponibili, sia l’utilizzazione del capitale privato a complemento dell’intervento finanziario pubblico. In questo contesto l’enfasi tende a essere posta non solo sulla ricerca dell’efficienza della spesa pubblica, ma sulla chiara identificazione degli obiettivi e delle responsabilità delle singole amministrazioni interessate all’intervento.

L’esigenza di valutazione deriva anche dall’avvio del processo di decentramento. In un sistema decisionale policentrico il momento della valutazione diventa essenziale per garantire coerenza di azione tra il livello centrale e quello periferico in vista del perseguimento di obiettivi di sviluppo comuni.

Un altro fattore che ha contribuito a rafforzare il ruolo dell’attività di valutazione trae origine dai vincoli posti dall’UE nell’utilizzo dei Fondi Strutturali. È un incentivo, che si aggiunge alle iniziative del Governo: qualificare la funzione valutativa nel processo più generale di riorganizzazione delle strutture interne e di razionalizzazione dei processi decisionali. In questa direzione sono stati compiuti significativi passi in avanti, introducendo nuovi criteri funzionali e organizzativi, istituendo controlli amministrativi in funzione degli obbiettivi proposti sulle scelte operate dai diversi livelli di governo, riformando l’ordinamento finanziario e contabile sia del bilancio statale, sia degli enti locali. Questi progressi aprono la strada a una maggiore utilizzazione della valutazione, estendendola al complesso della spesa pubblica e, superando la sua tradizionale limitazione alla spesa per gli investimenti.

Una delle priorità della politica economica del Paese è rappresentata dal rafforzamento delle azioni di promozione degli investimenti e dell’occupazione nelle aree del Mezzogiorno.

Cinque sono i grandi assi di intervento su cui converge la strategia per lo sviluppo:

  1. La valorizzazione delle risorse naturali e ambientali;
  2. La valorizzazione delle risorse umane, culturali e storiche;
  3. Il miglioramento della qualità delle città, delle istituzioni locali e della vita associata;
  4. Lo sviluppo di sistemi produttivi locali, industriali e terziari;
  5. il collegamento fisico e immateriale con altre aree.

Attorno a questi assi è stata avviata la ricognizione delle idee-programma per la costruzione delle Intese Istituzionali e per la programmazione dei Fondi Strutturali comunitari per gli anni 2000-2006.

È nella selezione di queste idee-programma e nella loro sollecita traduzione in progetti ben definiti con obiettivi, attuabili e verificabili, che assume massimo rilievo l’attività di valutazione. Da strumento di verifica dei progetti in senso stretto questa diviene sempre più mezzo di supporto per la definizione delle scelte allocative.

Se la valutazione viene assunta come la modalità dominante nelle scelte di indirizzo, programmazione e attuazione degli interventi, essa deve essere presente in tutte le fasi del ciclo della spesa, in particolare nella definizione della finanlità, nell’analisi del fabbisogno di investimenti, nella comparazione delle alternative d’intervento per soddisfare la domanda individuata, nelle analisi di fattibilità e nella selezione delle misure, sull’attuazione degli interventi e nella verifica "ex-post", nella verifica "in itinere" sull’attuazione degli interventi e nella verifica "ex-post".

La nuova impostazione impone un salto di qualità nelle figure e negli organismi chiamati a partecipare al processo valutativo. In questo contesto si inserisce la recente riforma del Ministero del Tesoro, del Bilancio e Programmazione Economica, che ha dato luogo, in particolare, all’istituzione del Dipartimento per le politiche di sviluppo e coesione.

Il Dipartimento svolge un ruolo di promotore della "nuova programmazione", la quale è basata sulla valutazione dei fabbisogni da soddisfare e degli obbiettivi da conseguire, nonché sull’attuazione del principio di sussidiarietà, sulla negoziazione tra le parti integrate, e su un forte coinvolgimento del capitale privato.

La nuova articolazione organizzativa del Ministero mira anche al potenziamento delle funzioni del Nucleo di valutazione e verifica degli investimenti pubblici, in particolare di quelle di supporto tecnico all’attività delle amministrazioni pubbliche, con particolare riferimento alle Intese Istituzionali di Programma, con cui Stato e Regioni mirano a coordinare e selezionare i progetti, e alla programmazione dei Fondi Strutturali comunitari. La nuova organizzazione permette altresì una più stretta integrazione funzionale tra il Nucleo tecnico e le altre strutture della P. A. attraverso una divisione dei compiti e una cooperazione finalizzate a raggiungere il massimo di efficacia negli interventi.

Nell’ottica di rilancio della programmazione economica per lo sviluppo territoriale si collocano i provvedimenti contenuti nel disegno di legge collegato, cosiddetto "collegato-bis" alla legge finanziaria per il 1999. Il Governo intende potenziare il momento valutativo nella fase iniziale del ciclo della spesa attraverso incentivi alla predisposizione di studi di fattibilità e alla progettazione preliminare. Gli studi di fattibilità, che servono a verificare l’utilità e l’economicità delle iniziative da avviare, potranno accedere ai finanziamenti a fondo perduto per la progettazione preliminare. Si mira per tale via a disporre di un consistente parco di progetti di qualità.

Per le stesse finalità è stato costituito un fondo presso il Cipe con il duplice scopo di ridare flessibilità agli indirizzi di spesa e di privilegiare il finanziamento dei programmi di più spedita realizzazione e dei progetti "eccellenti" sotto il profilo degli effetti economici e sociali.

Inoltre, è stato varato un sistema di verifica e monitoraggio per apportare correttivi durante la fase di esecuzione delle opere. È stata anche prevista una nuova valutazione delle iniziative completate con l’intento di verificare il raggiungimento degli obbiettivi prefissati e di migliorare i parametri per la futura programmazione.

È stata, infine, proposta la costituzione dell’Unità tecnica "finanza di progetto" con il compito di promuovere la diffusione di tale tecnica di finanziamento, e di selezionare, in collaborazione con le amministrazione competenti, i progetti pilota e di fornire assistenza nella fase d’attuazione. Si sottolinea così la volontà del Governo di attivare risorse private nel finanziamento della dotazione infrastrutturale del Paese.

Innovazioni significative sono state, altresì, introdotte nell’impostazione delle Intese Istituzionali di Programma fra Governo e Giunte regionali. In tale contesto, saranno sperimentate tecniche valutative multicriteri, adottati con successo in molti Paesi. Tali tecniche dovranno costituire la base per una buona utilizzazione di tutti gli strumenti di programmazione volti alla promozione dei sistemi locali di sviluppo, ossia i patti territoriali, i contratti d’area e i contratti di programma. Queste iniziative d’intervento incominciano a diffondersi e poggiano sull’attività istruttoria di valutazione svolta dai soggetti convenzionati, banche e società di servizi. Oltre a migliorare i sistemi di valutazione e verifica delle singole iniziative, si dovrà operare all’integrazione dei singoli strumenti nell’obbiettivo di ricondurre Patti e contratti all’interno del più ampio quadro di programmazione delle intese.

In conclusione, il Paese è già entrato in una nuova epoca di programmazione dello sviluppo territoriale e di gestione della spesa pubblica. Nella "nuova programmazione" la valutazione assume un ruolo centrale nell’intero arco del processo decisionale dell’autorità pubblica, supporto fondamentale nell’attuazione degli interventi e nella verifica dei risultati.

Un uso strategico della "valutazione" significa il riscatto dell’amministrazione centrale che ritrova un suo ruolo attivo, propulsivo, all’interno di una "rete" istituzionale che tiene legate autonomie locali, forze sociali, società civile. Nel valutare gli investimenti in infrastrutture, lo Stato deve scegliere, aiutare a scegliere. Ma lo deve fare in un reticolo di istituzioni nuove, rinnovate, in uno spirito di sussidiarietà, di autentico federalismo. In questo senso abbiamo di fronte a noi un’occasione unica: la programmazione dei fondi previsti dal Quadro Comunitario di Sostegno 2000-2006. Dobbiamo guardare a queste risorse - di per sé ingenti - con responsabilità, una responsabilità da condividere con le Regioni, con le provincie, con le città del Mezzogiorno d’Italia, insieme con gli imprenditori, i commercianti, gli artigiani, a ciò che è vivo e che si è già mosso nella realtà economica del Sud.

La valutazione - inserita in questo grande progetto che è la nuova programmazione - è uno strumento al servizio di una missione storica che può dar senso alle aspirazioni, agli sforzi di generazioni dall’unificazione del Paese ad oggi. Ci sono oggi le condizioni perché il Mezzogiorno compia un salto di qualità per sollevarsi da area "depressa", da area a sviluppo ritardato. L’Italia meridionale deve cessare di essere il "Sud", nell’accezione corrente. Le risorse nazionali e quelle dell’Unione europea sono sufficienti ad accompagnare quel vero e proprio rinascimento che le genti del Mezzogiorno vogliono, che hanno già iniziato a costruire con le proprie energie e con l’aiuto del resto del Paese. Non c’è più spazio per distribuire risorse un pò per tutti, e poco per ciascuno; dobbiamo investire molto nei punti chiave, in pochi nodi che pongano le premesse di uno sviluppo capace di autorientarsi. Concentrare le risorse è indispensabile per avere nell’arco del prossimo decennio quello slancio che - rimuovendo le strozzature del passato - consenta al sistema di impresa, di irrobustirsi e di radicarsi. Concentrare le risorse, ovviamente, è difficile, perché significa scegliere. Qualcuno rimarrà sempre deluso dalla scelta. La scelta è una responsabilità congiunta del centro e della periferia, dello Stato e della società civile. Non scegliere sarebbe responsabilità grave per i cittadini di quelle aree, per i cittadini di tutta l’Italia, in quanto è dal rilancio del Mezzogiorno che dipende il tasso di sviluppo del Paese intero.

La "programmazione negoziata" prende le mosse dalla Relazione Previsionale e Programmatica per il 1999. Entro novembre il Ministero del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica pubblicherà un volume, un "centone", che raccoglierà le idee-progetto pervenute dalle amministrazioni centrali, dalle autonomie locali, dalle intelligenze che costituiscono la ricchezza di questo Paese. Questa "lista" di idee-progetto sarà redatta seguendo criteri di fattibilità avanzati: saranno "progetti" realizzabili in tempi definiti e da entità definite. Il documento sarà sottoposto a un processo di scrutinio pubblico - trasparente perché pubblico. Su di esso intendiamo sviluppare il massimo di dibattito e di pubblicità. I tavoli regionali - che porteranno in periferia il metodo della concertazione - faranno in modo che le periferie non si trovino nella comoda posizione di fornire elenchi di opere senza scegliere priorità, e nella scomoda posizione di assistere alla stasi delle iniziative già annunciate. L’incontro che terremo a Catania, all’inizio di dicembre, rappresenterà un momento centrale di discussione sul documento della nuova programmazione, per poi dar inizio alla fase delle scelte.

Il percorso è stato preparato in mesi di lavoro intenso e innovativo. La periferia sta rispondendo con fiducia, con partecipazione. La cultura dell’assistenzialismo è finita, prima di tutto negli animi dei cittadini del Mezzogiorno. Il successo della nuova programmazione può segnare la parola fine per la nozione stessa di area depressa.

Ci sono segnali che devono essere interpretati dall’autorità pubblica, ma anche dai produttori e dagli investitori privati. I cittadini italiani sanno di vivere una fase di modernizzazione.

L’euro è il simbolo di questa modernizzazione. La piena integrazione nel mercato europeo rappresenta per le imprese del Mezzogiorno la possibilità, di saltare una fase dello sviluppo, spingendo fortemente sull’impiego della innovazione tecnologica e della integrazione informatica con il resto del sistema economico nazionale. Dobbiamo favorire questo processo.

Le analisi sull’opinione pubblica testimoniano tra i cittadini italiani del Sud una nuova propensione al lavoro autonomo, al mettersi in proprio, al contare sulle proprio forze. È un elemento profondo che lo Stato ha il compito di favorire, di accompagnare. Rappresenta un terreno fertile per una fase di nuova industrializzazione sul modello "adriatico" che già stiamo sperimentando in gran parte della Puglia, in Basilicata, ma anche in Campania, in Sicilia, in alcune aree della Calabria.

Il Dipartimento per lo Sviluppo è nato su questa filosofia: attivare processi di sviluppo autopropulsivo, eliminando strozzature, accompagnando idee imprenditoriali. Che si reggano sulle proprie gambe, che - una volta avviate - vadano avanti da sole.

La partenza non è stata facile, lo sappiamo. I patti territoriali, i patti territoriali hanno avuto da marzo ad oggi un fortissimo impulso: molti sono ormai in avanzato stato di realizzazione. I decreti di concessione sono passati da 23 a 144; i mandati di pagamento da zero a 44. I più recenti dati dell’Unioncamere sulle previsioni di assunzioni per il biennio 1998-1999, escludendo dal calcolo le imprese individuali e la pubblica amministrazione, arrivano a circa 80.000 unità, segnalano che esiste una possibilità di allargamento della base produttiva.

Certo, dovremo saper meglio sfruttare risorse naturali come il petrolio della Val d’Agri; si dovranno annullare svantaggi competitivi nel campo dell’erogazione di corrente elettrica alle industrie, facilitare la connessione delle imprese meridionali - attraverso il trasporto aereo e quello via mare, ad esempio. Per far questo serve conoscenza e capacità di decisione, in una parola, "valutazione".

In questo spirito la conferenza di oggi, che poteva essere uno dei consueti incontri di studio, di scambio di opinioni, diviene occasione per riflettere su scelte che devono essere fatte, per preparare strumenti operativi che avranno immediata applicazione.