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Gualtieri: “Useremo i fondi del Green New Deal per l’Ilva, l’economia circolare e la fuga dal carbone”

La Stampa - 15/01/2020

Colloquio con Marco Zatterin

Ha la voce che sorride, Roberto Gualtieri. «Il Green New Deal europeo è una buona notizia», ammette, rapido ad aggiungere che è anche «un ottimo inizio per il lavoro di Paolo Gentiloni». Il governo lo aspettava con qualche impazienza, è da prima di Natale che fra Chigi e i ministeri si intreccia il lavoro per la spartizione del tesoretto verde che Bruxelles sta accumulando.
Un trilione in dieci anni, mille miliardi, 12 zeri da mettere nei polmoni della produttività continentale.
L'Italia, stimano a Bruxelles, è concorrente da 10%, un sacco di soldi che il responsabile del Tesoro vede indirizzati nell'innovazione, nell'economia circolare, nella fuga dal carbone. Pensa al futuro Ilva, elefante in un ecosistema fragile, ma invita con la stessa forza a ragionare sull'esempio di Rieti e gli sforzi per l'efficienza dell'edilizia pubblica. È un modo per dire che il grande è fatto anche del piccolo.
Le cose non saranno così facili. La proposta della signora Von der Leyen richiederà mesi per l'attuazione e l'approvazione di chi ha l'ultima parola, i governi nazionali e il parlamento europeo.
Gualtieri, che il meccanismo lo conosce bene, giura che «il piano fornisce una cornice organica agli sforzi che tutti i Paesi Ue devono fare per raggiungere la neutralità in termini di emissioni nel 2050 e rafforzare gli obiettivi climatici per il 2030». È una necessità, sottolinea, ma allo stesso tempo «una grande opportunità per un paese manifatturiero come l'Italia», che ha «una forte vocazione alla sostenibilità e all'economia circolare, perché una parte significativa di questi investimenti potranno finanziare importanti processi di innovazione che intendiamo sostenere e incoraggiare».
Questi denari servono. Davvero. «È molto importante l'annuncio di una maggiore flessibilità e poi di una revisione del quadro delle regole sugli aiuti di stato», nota il professore romano di casa Pd. Può sulla carta permettere al governo di catalizzare altri fondi sui settori destinati a traghettare l'economia verso il mondo 4.0. Perciò si compiace che il Green Deal apra un dibattito «che abbiamo sollecitato fin da settembre e a cui intendiamo fornire il nostro contributo su come favorire gli investimenti sostenibili nel patto di stabilità, complemento importante del Piano».
Roma difende da sempre l'esigenza di non considerare almeno in parte, gli impieghi virtuosi nella crudele (per noi) matematica della finanza pubblica. Ora che si apre una possibilità, promette sostegno consapevole e convinto alla Commissione. «Vogliamo essere protagonisti del patto verde», promette. Già con la legge di bilancio per il triennio 2020-22, ricorda, «abbiamo cominciato a piantare alcuni semi di questa strategia a partire dal Green Deal fund da 4,24 miliardi per la concessione di garanzie in favore degli investimenti privati anche in partenariato pubblico-privato, per la decarbonizzazione dell'economia, per l'economia circolare».
I macrosettori, sono questi, quasi obbligati. Ma poi il vero percorso si farà passo dopo passo. E c'è ancora molto tempo. Grazie al cielo, e purtroppo.
Gualtieri concede che «lavoreremo da subito su diversi aspetti concreti del piano, a partire dall'impegno al raggiungimento dell'efficienza energetica degli edifici pubblici che abbiamo lanciato a Rieti, un tema a cui il piano europeo dedica un apposito paragrafo». Quindi «faremo ricorso al "Just Transition Fund" (7,5 miliardi la dotazione Ue, ndr) nel quadro del piano industriale per il rilancio di Ilva come grande polo europeo dell'acciaio verde a basse emissioni». È una mossa imprescindibile. Sebbene, come ricorda lo stesso commissario Gentiloni, non sarà solo il contributo europeo a risolvere i problemi di Taranto e dell'acciaio italiano. Ma intanto si comincia.

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