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Colloquio del ministro Gualtieri con La Stampa: “Nessun rischio Italia, ce la faremo”

La Stampa - 25/04/2020

“L’Italia ce la farà, e la crescita ripartirà...”. Dopo due giorni e due notti estenuanti, passate a trattare con i partner di maggioranza e i colleghi di governo uno dei Documenti di Economia e Finanza più impegnativi e drammatici degli ultimi vent’anni, Roberto Gualtieri si prende una mezza giornata di riposo. E in un 25 aprile che non abbiamo mai vissuto prima, la sua voce, all’altro capo del telefono, è un po’ più distesa. Facciamo insieme un primo bilancio sul devastante impatto economico del coronavirus. E proviamo a tirare le somme sulla Fase Uno che sta per chiudersi, e a immaginare i passaggi della Fase Due ormai prossima. I numeri fanno spavento: Pil in caduta dell’8%, deficit in corsa verso il 10,4%, debito in volo al 155,7%. “Siamo di fronte a uno shock economico molto pesante”, ammette il ministro dell’Economia. “Ma è uno shock temporaneo, non intaccherà i nostri fondamentali che sono solidi, come dimostrano i dati del deficit al momento dello scoppio della crisi. Lo sforzo straordinario di finanza pubblica che stiamo mettendo in campo è necessario proprio per salvaguardare il nostro potenziale di crescita”. Su ogni cittadino italiano adesso pesa un debito di 43 mila euro, neonati compresi. “È vero – aggiunge il ministro – ma il debito tornerà su un sentiero discendente già dal 2021, anche con la completa eliminazione delle clausole di salvaguardia che finalmente restituirà uno spazio per la politica economica: superiamo così uno strumento che si è rivelato del tutto inadeguato”.

Il governo prova a guardare più in là dell’Apocalisse di oggi. Ma resta un problema, che in questi giorni ci riporta con la mente all’incubo del novembre 2011: lo spread, che è tornato a lambire quota 300. Gualtieri lo sa bene: “Un aumento dello spread era inevitabile, ma è stato comunque contenuto e ha risentito anche dell’incertezza sulla risposta europea”. Resta da capire se nella percezione dei mercati, nonostante il “whatever it takes” della Bce targata Lagarde, non resti un “rischio Italia” imminente. “No – replica secco il ministro – non c’è nessun rischio Italia. Il nostro tasso di interesse medio del debito anche quest’anno continuerà a scendere come ha fatto negli anni scorsi. I nostri pagamenti lordi per interessi vedranno un contenuto aumento il prossimo anno, ma se consideriamo la crescente quota del debito detenuta dalla Bce i pagamenti, al netto dalla quota che ci viene retrocessa dalla Banca d’Italia, saranno in linea con quelli attuali. Questo significa che per assicurare una rapida discesa del nostro debito potremo tornare a un saldo primario pienamente sostenibile sul piano economico”.

È un fatto, faccio notare al responsabile dell’economia del nostro Paese, che l’Italia si sia affidata all’Europa, e l’Europa all’ultimo vertice dei capi di Stato e di governo ha risposto solo a metà: si ai fondi aggiuntivi Bei, sì al piano “Sure” sugli ammortizzatori sociali, ma un rinvio sul punto che ci stava più a cuore, cioè la creazione del “Recovery Fund”. Non sappiamo se erogherà prestiti o aiuti a fondo perduto. La tentazione di vedere il bicchiere mezzo vuoto è forte. “Non sono d’accordo – obietta Gualtieri – è stato fatto un deciso passo avanti che sarebbe stato inimmaginabile solo poche settimane fa. E l’iniziativa di Conte e del governo italiano è stata decisiva, insieme a quella di altri paesi. Oltre al ruolo fondamentale della Bce e agli altri strumenti messi in campo, ora è acquisito che si istituirà il Recovery Fund, con l’obiettivo di sostenere la ripresa europea e in particolare i paesi e i settori più colpiti, e che a questo scopo si emetteranno titoli comuni di debito europei”. Ma molti nodi restano ancora da sciogliere, e il ministro lo riconosce: “Naturalmente è ora cruciale la questione della dimensione del fondo, della quota dei ‘grants’, che per noi devono essere assolutamente prevalenti, e dei tempi della sua attuazione, che devono consentire di partire già nell’estate. Peraltro lo stesso consiglio europeo, raccogliendo la richiesta di Conte, ha riconosciuto l’urgenza, oltre alla necessità, del Fondo stesso. Abbiamo la concreta possibilità di muoverci verso una vera unione fiscale e la crisi, come è successo altre volte nella storia, sta svolgendo il ruolo di poderoso acceleratore di processi che sembravano bloccati. È decisivo che i risultati siano all’altezza di queste aspettative”.

Un fatto positivo, almeno in casa nostra, va sottolineato. Dopo un no pregiudiziale, l’ala governista del Movimento Cinque Stelle affronta con spirito non più ideologico ma finalmente “pragmatico” la questione Mes, come dimostra l’intervista rilasciata ieri da Di Maio al nostro giornale. “Sì – conferma il ministro – il governo è unito sul negoziato europeo. Abbiamo detto fin dall’inizio che per l’Italia è necessario il finanziamento comune di spese comuni, di qui la centralità della battaglia sul Recovery Fund. Il Mes è solo uno degli strumenti in campo e non il principale e ha la funzione di “rete di sicurezza”. È positivo che possa essere accessibile una linea di credito per chi voglia o debba farvi ricorso senza le condizionalità attualmente previste. Come ha detto Conte, adesso valuteremo attentamente se tutti gli aspetti tecnici saranno in linea con quanto indicato dall’eurogruppo”. Comunque, grazie alla sospensione del Patto di stabilità, il nostro Paese sta facendo in deficit una manovra mai vista nella Storia. C’è attesa per il decreto aprile, e per l’entità delle nuove risorse messe in campo dal governo.

Gualtieri precisa per la prima volta l’entità di questo impegno-monstre: “Attiveremo 155 miliardi di saldo netto da finanziare e 55 miliardi in termini di deficit. Sono risorse imponenti ma necessarie perché occorre non solo rifinanziare gli ammortizzatori sociali e gli strumenti di supporto al reddito, e garantire una forte iniezione di liquidità nel sistema, anche con l’immediato pagamento di 12 miliardi di crediti verso la Pubblica Amministrazione. Oltre a questo è necessario attivare un corposo sostegno alle imprese, aiutandone la capitalizzazione e contribuendo ad assorbirne le perdite con strumenti specifici tarati sulle loro diverse dimensioni. In parallelo, vogliamo anche intervenire per realizzare una drastica semplificazione delle procedure amministrative e per favorire il rilancio degli investimenti pubblici e privati, anche con strumenti molto innovativi. Il decreto completerà e rafforzerà le misure del Cura Italia e del decreto liquidità, e al tempo stesso avrà un forte sguardo alla ripartenza”.

Insomma, vista dal ponte di comando di Via XX Settembre la Nave Italia sembra in grado di reggere l’urto. Ma fino a quando? E qui, oltre alle valutazioni di tipo economico, vengono a galla le criticità del fronte politico. La maggioranza che fibrilla, l’opposizione che chiede un cambio in corsa, le voci su Draghi o su Colao a Palazzo Chigi, le frizioni tra lo stesso ministero dell’Economia e i pentastellati sui soldi da spendere. Gualtieri non raccoglie la provocazione. E anche in questo caso si sforza di vedere il bicchiere mezzo pieno: “Il governo e la maggioranza escono da questa prova così impegnativa più uniti e più coesi di prima. Lavorando fianco a fianco in queste settimane drammatiche si è rafforzata la fiducia reciproca e i rapporti anche personali tra di noi. Siamo una squadra, e siamo totalmente concentrati sul difficile compito di far fronte a una sfida senza precedenti, lavorando senza sosta e cercando tutti di dare il massimo. È doveroso di fronte ai sacrifici, all’impegno e alla coesione straordinaria che stanno dimostrando gli italiani”. Speriamo che abbia ragione lui. Buon 25 aprile, e buona fortuna.

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