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Intervento del ministro Tria al Board Forum Spencer Stuart 2019

04/03/2019

Un mondo in cambiamento: le scelte dei Governi e delle imprese

Questo è il testo dell'intervento tenuto a Milano dal ministro dell'Economia e delle Finanze, Giovanni Tria, al Board Forum Spencer Stuart 2019.

La partecipazione di numerosi stakeholder e dei rappresentanti dei vertici di molte tra le principali aziende italiane rende questo appuntamento un’opportunità preziosa di confronto e relazione, soprattutto per il tema in discussione: le scelte dei Governi e delle imprese.

Si tratta di scelte che hanno una natura diversa ma che si intrecciano in modo importante e che dobbiamo ripensare e valorizzare col fine di garantire congiuntamente competitività, capacità creativa e realizzativa in un mondo sempre più connesso. Un fine che tuttavia deve essere perseguito, lo voglio sottolineare, senza dimenticare la distinzione delle rispettive sfere di intervento.

Dal mio punto di vista, un sistema pubblico che funziona deve saper governare i processi economici e produttivi e le implicazioni sociali e di sistema che ne derivano, ma deve farlo mettendo i soggetti privati nelle condizioni di liberare al meglio le proprie potenzialità, potenzialità che sono in ultima analisi le determinanti principali di questi stessi processi e soprattutto dei loro esiti.

Questa distinzione chiara dei ruoli giova a tutti e consente a ciascuno di fare per bene il proprio lavoro.

Ma quali sono questi ambiti di intervento? Al pubblico - intendo al governo, perché non vi è differenza, o non dovrebbe esservi, tra impresa privata e pubblica nell’approccio alla corporate governance - anche in una dimensione sovranazionale, compete non solo la legislazione che regola il governo delle imprese, ma anche accompagnare l’evoluzione delle regole con una costante attenzione ai “fattori esogeni” che possono incidere, in un senso o nell'altro, sulle performance aziendali, cioè principalmente l’evoluzione domestica e globale della struttura dei mercati in cui operano.

Le imprese, invece, guardano alla loro missione costitutiva, vale a dire produrre “valore”, inteso come il risultato di profitto e lavoro insieme. Spetta loro, però, anche la responsabilità di autoriformarsi per affrontare efficacemente le incombenze che il contesto esterno impone loro. Si tratta di un compito faticoso che richiede una straordinaria capacità di concentrazione e flessibilità e impone la disponibilità, niente affatto scontata, ad adattarsi con intelligenza, e perfino creatività, al cambiamento. Una capacità di cui negli ultimi anni – nel decennio che storicamente verrà ricordato come quello della “grande crisi mondiale” – le imprese italiane hanno dato senz’altro prova. È un elemento di merito su cui puntare nella prospettiva delle sfide impegnative che tuttora abbiamo dinanzi.

Va da sé, comunque, che questi due processi di continuo adattamento non possono procedere per compartimenti stagni: occorre, tra pubblico e privato, un sistematico raccordo che consenta una condivisione delle strategie di lungo periodo.

Soprattutto devono avere una loro coerenza.

La comprensione e l’approfondimento delle rispettive scelte sono il movente che anima iniziative come il Board Forum di Spencer Stuart. L’obiettivo è comune: costruire soluzioni in direzione dello sviluppo, della competitività, della tenuta del sistema Italia.

Veniamo ora al contesto. Tutte le ricerche nazionali e internazionali lo confermano, a partire dagli ultimi dati del Board Index di Spencer Stuart una buona corporate governance stimola gli investimenti.

Quando le aziende sono ben guidate, riescono ad attrarre maggiori risorse per rafforzarsi, innovarsi, crescere dimensionalmente. Ma è importante anche il contesto in cui operano. Un sistema popolato da un nucleo forte di imprese virtuose rappresenta uno spazio economico che catalizza attenzione e investimenti anche fuori dai confini nazionali. Ciò giova alle singole imprese e al paese nel suo complesso perché si tratta, a ben vedere, di una componente essenziale della “fiducia”, che coinvolge tutto il sistema.

E non c’è qui bisogno di ribadire quanto la fiducia degli investitori sia essenziale per la competitività dell'Italia e la sua crescita reale. Né il governo né le stesse imprese possono permettersi il lusso di non prestare massima attenzione a queste dinamiche.

Per questi motivi ritengo che tra i numerosi fattori interni che segnano la performance dell’economia italiana, l’evoluzione della corporate governance ha un ruolo determinante. Si tratta di una dinamica indipendente dal contesto macroeconomico altalenante con cui siamo costretti a confrontarci e dobbiamo riconoscere che, pur tra molte criticità di contesto esterno, il nostro capitalismo ha saputo segnare in tema di corporate governance un sentiero di autoriforma che gli sta consentendo di correggere debolezze e lacune strutturali.

Vorrei ricordare alcuni importanti segnali in questa direzione, come le regolamentazioni settoriali relative al governo societario delle imprese e il Codice di autodisciplina delle società quotate, a cui si è di recente aggiunto il Codice delle società non quotate a controllo familiare.

Con il deterioramento del quadro economico generale l’aver scelto per tempo la via dell’autoriforma dà al capitalismo italiano una carta in più per far recuperare competitività all’intero sistema.

Esiste un nesso innegabile tra un moderno ed efficiente governo delle imprese, la creazione e distribuzione del valore e il buon andamento delle società. La governance incide infatti sulle prestazioni finanziarie, attraverso la trasparenza informativa nei confronti del mercato, che stimola ritorni economici grazie alla capacità di diminuire il costo del capitale per le imprese. Essa può segnare una storia di successo o la resa di fronte alla concorrenza globale.

A questo punto dobbiamo rivolgere l’attenzione all’altro soggetto dello sviluppo: il settore pubblico. L’interrogativo è, sulla carta almeno, molto semplice: cosa può e deve ancora fare il governo per consolidare il suo intervento e al contempo rivederne le criticità? Provo a riassumerlo con tre parole chiave: certezza, stabilità, autorevolezza. Certezza del quadro normativo, a dispetto delle convulsioni di sistema. Stabilità politica, in Italia e nel rapporto con i partner europei e le istituzioni comunitarie. Autorevolezza nel disegnare e costruire un percorso di riforma dell’azione pubblica coerente con la posizione competitiva che deve conquistare un grande Paese avanzato come il nostro.

A questo fine è evidente che a pesare è e sarà il livello di rispondenza delle classi dirigenti alle sfide della contemporaneità. Si tratta di una partita destinata a giocarsi su un orizzonte necessariamente di lungo termine e nella quale la formazione del personale pubblico, la qualità della selezione, l’eccellenza dei canali di perfezionamento e apprendimento continuo si sono ormai rilevati la vera carta vincente nell’ambito di sistemi integrati complessi e sempre più interconnessi.

Resta da capire come tener conto di queste tre parole chiave, nell’attuale ordine economico, europeo e internazionale.

Pesa, ad esempio, l’impatto di una globalizzazione non regolata, che se ha dischiuso nuove opportunità per il nostro export dall’altro non ha risolto i gravi problemi distributivi e sociali da essa generati. Pesa il deficit decisionale delle organizzazioni multilaterali, che hanno spesso dimostrato la propria incapacità di esercitare un ruolo di leadership efficace in uno scenario geopolitico altamente conflittuale. Da ultimo, la cosiddetta guerra dei dazi e il rallentamento dell’economia mondiale. In un mondo sempre più connesso e interdipendente rispetto alle decisioni da prendere e alle politiche da portare avanti, l’Unione europea, quale soggetto internazionale multilaterale, deve tornare ad avere un ruolo centrale nell’affrontare le nuove sfide globali, cercando di recuperare una leadership che si è andata lentamente affievolendo nel tempo. L'Europa ha una forte base industriale e possiede vantaggi competitivi in diversi settori che sono in grado di garantire anche in futuro benefici per uno sviluppo economico e una crescita sostenibili. L’obiettivo di riaffermare un ruolo più incisivo sullo scenario globale è strettamente collegato con quello di sostenere la crescita e l’occupazione nel mercato unico, ed entrambi gli obiettivi possono essere raggiunti solo attraverso un rafforzamento del processo di integrazione europea. Ma si pone un problema di adeguamento delle regole europee di protezione della concorrenza, che devono maggiormente guardare alla concorrenza sui mercati globali e, più in generale, di promuovere il rafforzamento della governance economica europea, anche attraverso il miglioramento del coordinamento delle politiche economiche e strutturali, in modo che siano più mirate agli obiettivi di convergenza e competitività. Si tratta di obiettivi che devono essere condiviso da tutti gli Stati membri.

Ritengo, infatti, che solo attraverso la costruzione di un Unione più sostenibile e più forte al suo interno e sullo scenario internazionale, possiamo garantire una maggiore prosperità e un benessere economico agli Stati nazionali.

Ho recentemente argomentato, in sede di Informativa al Parlamento, la posizione mia e dell’intero governo sulla congiuntura economica e le prospettive di crescita del Paese. Non è questa la sede per scendere nel dettaglio. È invece l’occasione per ribadire che l’azione del Governo, in attesa degli effetti delle misure decise con la legge di bilancio, deve essere oggi focalizzata su una priorità: creare le migliori condizioni per aiutare le imprese a contenere la contrazione dell’attività economica degli ultimi mesi e, nella speranza di un’evoluzione positiva dell’economia mondiale, tornare su un percorso di crescita e di investimento già nei prossimi trimestri.

In questa prospettiva, dobbiamo accelerare le misure di rilancio degli investimenti pubblici per mobilizzare le risorse già stanziate. Soprattutto dobbiamo fare in modo che non permangano incertezze sul fatto che l’Italia promuove e incoraggia gli investimenti e lo sviluppo delle infrastrutture.

Sono convinto che l'economia italiana abbia oggi tutte le possibilità non solo di continuare a crescere ma anche di chiudere il gap di crescita con il resto dell'Eurozona. Ma a questo fine è necessario costruire fiducia e sicurezza, senza le quali non ci sono manovre di bilancio che tengano.

Fiducia nelle nostre potenzialità: a questo fine credo che debba lavorare tutto il Paese nell'interesse del Paese.

Potenzialità rispetto alle quali, tutti noi riuniti in questa sala, giochiamo un ruolo dirimente. Per tornare al nostro tema solo con board davvero attrezzati a gestire e a tener conto della complessità del mondo contemporaneo, degli elementi esterni – cioè fuori dal controllo di chi fa impresa e di chi scrive le regole – le imprese possono vincere la partita della competitività. Solo tenendo conto di questa diversità e dell’eterogeneità dei fattori che influenzano lo sviluppo, la politica economica può essere efficace e indirizzare il Paese sulla via della crescita.

Insieme, nella complessità e sempre tenendo come bussola l’interesse nazionale, possiamo farcela.

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