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92ª Giornata Mondiale del Risparmio

Una politica economica a favore della crescita e del risparmio, che contrasti l’incertezza

27/10/2016

1. Il quadro macro

Nonostante gli sforzi profusi a livello globale ed europeo per una crescita solida, sostenibile ed equilibrata, le prospettive economiche rimangono deboli e distribuite in maniera diseguale, ed esposte a significativi rischi al ribasso.
Dopo la profonda recessione del 2008 e 2009 ci saremmo aspettati una accelerazione della crescita, in grado di riportare l’economia mondiale rapidamente ai livelli di PIL e inflazione pre-crisi. Questo non è avvenuto, in particolare in Europa; la ripresa resta significativamente al di sotto delle aspettative formulate sulla base delle analoghe esperienze del passato.
Ci troviamo di fronte a un contesto nuovo, contraddistinto da una preferenza elevata per il risparmio e da una propensione calante agli investimenti. Se gli elevati risparmi sono riconducibili a una maggiore avversione al rischio, i bassi investimenti sono connessi alla domanda debole e all’elevata incertezza, compresa l’incertezza politica.
I mercati hanno incorporato nelle loro aspettative una “nuova normalità”, in cui la politica monetaria non riesce a rilanciare l’inflazione e la crescita, nonostante l’intonazione molto accomodante.

L’impatto dell’incertezza di politica economica

Tra i diversi fattori alla base dell’accresciuta incertezza hanno acquisito un ruolo crescente i risultati delle consultazioni elettorali o referendarie. Le elezioni e i referendum non sono di per sé un elemento nuovo, ma oggi vengono percepite come in grado di innescare effetti sistemici (com’è accaduto con il referendum britannico).
In questo contesto rischia di diffondersi un atteggiamento di attesa da parte di imprese e famiglie, che frena le decisioni di investimento e consumo, favorendo l’incremento del risparmio precauzionale.

La situazione europea

Elevata incertezza di politica economica e prospettive di crescita basse sono problemi di primo piano nel panorama europeo.
L’UE è particolarmente esposta ai rischi di una prolungata bassa crescita: in Europa la popolazione sta invecchiando più rapidamente, l’innovazione è meno dinamica e il sistema finanziario è più frammentato, indebolendo i meccanismi di trasmissione dello stimolo monetario.
Non è sorprendente allora che, dopo 8 anni di recessioni, crisi finanziaria e stagnazione, il progetto europeo stia subendo “una crisi di credibilità”. Questa crisi viene aggravata dalla percezione diffusa che la reazione della politica economica alla crisi stessa e alla disoccupazione sia insufficiente.
Una delle conseguenze di una tale crisi di credibilità è che gli interessi nazionali prevalgano su quelli collettivi. Nel momento in cui si indebolisce il supporto per il progetto europeo anche la fiducia reciproca vacilla, rendendo più difficile rafforzare le istituzioni comuni.
I cittadini europei non riescono a percepire il valore aggiunto dell’essere parte dell’Unione e sono alla ricerca di alternative. L’Euroscetticismo è in aumento in molti Stati membri, amplificando l’impatto dell’incertezza di politica economica.
Credo, invece, che l’Unione europea resti una opportunità storica.
Abbiamo fatto molta strada nel nostro processo di integrazione, progredito anche dopo lo scoppio della crisi finanziaria, ma ora l’Europa si trova davanti a un bivio: se dovessimo continuare con una ripresa incerta ed esitante, i necessari progressi nella crescita e nella creazione di posti di lavoro non riuscirebbero a materializzarsi e sia l’Unione europea che la zona dell’euro rimarrebbero esposti a shock, in grado di minarne la sostenibilità.
Pur in una fase così delicata e fragile a livello globale e di area, la ripresa dell’economia italiana è ormai in atto da quasi tre anni, dopo una recessione senza precedenti.
Nel corso del 2015 il PIL reale in Italia è aumentato dello 0,7 per cento; per il 2016 si prevede un incremento dello 0,8. Anche il mercato del lavoro ha continuato a migliorare quest’anno, nonostante il venir meno di buona parte degli incentivi fiscali sui nuovi contratti a tempo indeterminato.

2. Il ruolo e la risposta della politica economica

A fronte di un contesto simile è necessaria in Europa e in Italia una strategia di crescita coordinata, fondamentale per dissipare l’incertezza. L’azione di politica economica deve sostenere la domanda e l’offerta nel lungo termine in un quadro coerente per amplificare i benefici delle riforme strutturali e degli investimenti.
Tutti gli strumenti di politica economica disponibili devono essere attivati in modo coerente: la politica monetaria deve essere accomodante; la politica di bilancio deve essere di supporto, verificata la disponibilità di spazi adeguati di manovra; le riforme strutturali dovrebbero rimuovere gli ostacoli amministrativi e normativi alla liberalizzazione dei mercati del lavoro e dei prodotti, rendendo il sistema più flessibile e reattivo agli stimoli di politica economica.
Una strategia di crescita efficace dovrebbe inoltre includere riforme volte a rendere il quadro istituzionale più prevedibile e stabile, in modo che le decisioni di politica economica possano essere introdotte rapidamente per rafforzare le aspettative di lungo termine e la propensione ad investire.

Il sostegno agli investimenti e la capacità competitiva

Alla luce di un contesto congiunturale più debole rispetto a quello prospettato ancora pochi mesi fa, il Governo ha continuato a modulare la politica di bilancio in maniera favorevole alla crescita e agli investimenti, continuando nel processo di consolidamento.
La legge di bilancio, di prossimo invio al Parlamento, prosegue nell’azione di rilancio degli investimenti pubblici, che aveva prodotto risultati apprezzabili già nel 2015, quando sono risultati in crescita dell’1,2 per cento dopo cinque anni di continua contrazione. La dinamica degli investimenti pubblici è attesa in crescita anche nel 2016 e nei prossimi anni, collocandosi attorno al 2,3 per cento in media nel periodo 2016-2019.
Accanto al rilancio degli investimenti pubblici il Governo ritiene cruciale rafforzare la capacità competitiva delle imprese italiane, nel solco del piano “Industria 4.0”: con la legge di bilancio si interviene su tutti i fattori abilitanti, agendo per canalizzare e supportare le energie delle imprese italiane, per la loro crescita dimensionale e per la loro internazionalizzazione, aprendo il sistema-Italia per attrarre capitali, persone e idee dall’estero.
Il taglio dell’IRES dal 27,5 al 24 per cento consentirà alle imprese italiane di migliorare la propria posizione competitiva, in particolare verso i principali paesi europei. Secondo i dati dell’OCSE, con un’aliquota complessiva per l’attività di impresa nel 2017 pari al 27,8 per cento l’Italia è più competitiva di Francia e Germania.
La riduzione dell’IRES si iscrive nel piano pluriennale del Governo di taglio delle tasse; giunge dopo le diminuzioni del cuneo fiscale implementate mediante gli interventi sull’Irpef dei lavoratori con i redditi più bassi e la cancellazione della componente lavoro dell’Irap, ma anche dopo l’eliminazione dell’Imu sulle attività produttive e la Tasi sulla prima casa.
La somma delle diverse riduzioni d’imposta o di misure equivalenti ha portato la pressione fiscale al 42,1 per cento nel 2016, dal 43,6 del 2013.
Il “Pacchetto Competitività” incluso nella manovra – misure il cui finanziamento ammonta a circa 20 miliardi di euro tra il 2017 e il 2020 – rafforza l’azione di “Finanza per la Crescita”, altro elemento cardine della strategia del governo, in una direzione in particolare: sostiene l’espansione dimensionale delle imprese, agendo su tutti i fattori della produzione.
Viene incentivata la produttività del lavoro, completando il Jobs Act con una ulteriore detassazione del salario legata a risultati aziendali, che consenta di includere anche i quadri e i dirigenti.
Viene esteso al 140 per cento il super-ammortamento degli investimenti, una misura semplice e chiara che ha dato risultati concreti. Viene rafforzato il credito d’imposta in ricerca e sviluppo e introdotto un iper-ammortamento del 250 per cento per beni di alta tecnologia, misure che mirano a sostenere le imprese italiane nell’innovazione.
Si interviene inoltre sul capitale di debito, rifinanziando la Nuova Sabatini e ampliando il Fondo Garanzia per le PMI; sul capitale di rischio, secondo la logica di finanza per la crescita.

3. Risparmio e finanza per la crescita

Anche nel confronto internazionale il risparmio resta uno dei punti di forza del Paese; affinché si completi il percorso di rafforzamento della nostra economia le famiglie e gli investitori istituzionali italiani devono rimanere fondamentali alleati dell’economia reale.
Con il programma “Finanza per la Crescita”, fin dal 2014, il Governo ha portato avanti un’azione finalizzata a diversificare e ampliare le fonti di finanziamento per le imprese e gli impieghi per il risparmio verso classi di attività con un maggiore impatto positivo sugli investimenti.
Questi interventi, realizzati con un impego minimo di risorse, hanno permesso di colmare alcune lacune e di allineare il Paese al quadro delle buone pratiche internazionali. Con la legge di bilancio l’azione di “Finanza per la Crescita” trova un importante completamento proprio sul fronte del risparmio, con l’introduzione dei piani individuali di risparmio (PIR).
L’intervento mira a: i) canalizzare una parte del risparmio delle famiglie italiane verso investimenti industriali italiani, con una particolare attenzione alle PMI in grado di crescere e competere meglio – una quota delle risorse è dedicato a imprese non quotate nell’indice FTSE MIB; ii) favorire gli investimenti di medio-lungo termine, dato che gli strumenti incentivati dai PIR dovranno essere detenuti per almeno 5 anni; iii) stimolare la crescita dell’industria italiana del risparmio, contribuendo a creare una nuova classe di attività finanziarie, sviluppando un importante flusso di finanza verso le imprese italiane, che si stima in circa 10 miliardi di euro. Misure analoghe di incentivo all’investimento nell’economia reale sono previste per le casse previdenziali.

Le banche di fronte a numerose sfide strutturali

Il programma di Finanza per la Crescita deve essere inteso come complementare all’azione svolta dal sistema bancario.
A partire dal 2015 il Governo è intervenuto adoperando radicali mutamenti nel settore bancario con l’obiettivo di rimuovere alcuni dei vincoli che hanno frenato nel tempo il sistema del credito: l’eccessiva frammentazione dell’offerta e i tempi eccessivi di recupero dei crediti deteriorati.
La riforma delle banche popolari, l’autoriforma delle Fondazioni bancarie sostenuta dal Governo, la riforma delle banche di credito cooperativo (BCC) concorrono al consolidamento del settore bancario: le nuove aggregazioni ci consegnano banche più grandi, più forti e più trasparenti, che sosterranno la ripresa fornendo servizi migliori a famiglie e imprese, gestendo con maggiore efficienza i crediti deteriorati.
Le riforme promosse con l’obiettivo di elevare la qualità del governo societario delle banche e rafforzarne la capacità di raccogliere capitali sul mercato facilitano anche lo smobilizzo dei crediti deteriorati, permettendo di ridurne l’impatto; in tale ambito, l’introduzione del meccanismo di Garanzia sulla Cartolarizzazione delle Sofferenze (GACS) e la velocizzazione dei tempi di recupero crediti, in Italia particolarmente elevati, riducono i costi di recupero e migliorano il prezzo potenziale dei crediti deteriorati in caso di cessione.
Il basso livello dei tassi di interesse e una appiattita curva dei rendimenti influenzano la profittabilità dell’impresa bancaria comprimendo il margine di interesse; tale riduzione può essere compensata dall’aumento del margine di intermediazione, mediante un rafforzamento dei ricavi da servizi.
A fronte della riduzione del margine d’interesse è necessario inoltre ridurre sensibilmente i costi, cogliendo le opportunità offerte dalla tecnologia e potenziando gli investimenti in fintech. Con l’esigenza di accompagnare il processo di riorganizzazione degli organici delle banche, la legge di bilancio introduce misure che incentivano l’esodo volontario anticipato degli addetti con maggiore anzianità.

4. Innovazione e inclusione

L’esigenza di innovazione continua non è naturalmente confinata al solo sistema bancario, riguarda tutti i settori produttivi: al fine di alimentarla il Governo in questi anni ha promosso una strategia a favore di investimenti e capitale umano.
La riforma dell’istruzione, gli incentivi su marchi e brevetti, i crediti d’imposta su ricerca e sviluppo, la digitalizzazione delle imprese intendono collocare il cuore manifatturiero dell’Italia sulla frontiera tecnologica, estendendo le capacità del “saper fare” italiano alle manifatture avanzate.
La legge di bilancio rafforza questo processo, incentivando le società sponsor di startup e allargando i benefici per le startup e le PMI innovative. Inoltre, in un quadro di accesa competizione per l’attrazione di capitale umano di qualità, si rafforzano le ragioni per scegliere l’Italia: ad esempio si introducono incentivi come l’esenzione al 90 per cento per i ricercatori e del 50 per lavoratori dipendenti (manager) e autonomi che trasferiscono in Italia la propria residenza.
L’innovazione fiorisce all’interno di un sistema economico inclusivo, in grado di contrastare la disuguaglianza crescente, un impedimento alla crescita più elevata.
In questa prospettiva la recente legge delega sulla lotta alla povertà ha introdotto il reddito di inclusione, una misura di sostegno economico accompagnata da servizi personalizzati per l’inclusione sociale e lavorativa.
La legge di bilancio interviene a sostegno dei pensionati a rischio di povertà e favorisce la flessibilità d’ingresso nel sistema previdenziale, senza tuttavia modificarne i parametri fondamentali e senza metterne a repentaglio la sostenibilità di lungo termine, che rappresenta uno dei punti di forza delle finanze pubbliche del Paese.
Dopo anni di blocco resi necessari dalla drammaticità della crisi, si procede al rinnovo dei contratti nel pubblico impiego con l’obiettivo di valorizzare il merito e favorire l’innalzamento della produttività, in modo da contribuire all’aumento dell’efficienza della pubblica amministrazione.

5. Conclusioni

L’economia italiana sta crescendo pur in un contesto internazionale difficile e denso di incertezze politiche ed economiche.
L’indebitamento continua a scendere. In questo contesto la politica del Governo prosegue nella strada stretta del sostegno allo sviluppo e del consolidamento di bilancio imposto dall’elevato livello del debito.
Con risorse limitate, la qualità dell’azione di finanza pubblica è ancora più importante della quantità.
La Legge di bilancio sostiene la crescita ma anche l’inclusione sociale.
Si avvale, tra l’altro, per il suo finanziamento di risorse aggiuntive derivanti da una più efficace lotta all’evasione e da un rapporto nuovo, di collaborazione virtuosa, tra cittadini e amministrazione tributaria. Quest’ultima sta attraversando una fase di riforma strutturale che renderà il processo più efficiente e impegnato a facilitare al massimo il rapporto con il contribuente.
La legge di bilancio contiene anche misure per fronteggiare gli eventi eccezionali dei terremoti e dei migranti. Quest’ultimo aspetto riguarda uno sforzo di spesa e investimenti ingenti che va a beneficio dell’Italia ma anche e soprattutto dell’Europa.

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