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Informativa del ministro Padoan sulle decisioni assunte per la Grecia nell'Eurogruppo

29/07/2015

Pubblichiamo il resoconto stenografico dell’informativa tenuta dal ministro Padoan alla Camera dei deputati il 29 luglio 2015.

Grazie Presidente, onorevoli deputati, l'accordo per l'avvio del negoziato con la Grecia per la concessione di un terzo programma di assistenza finanziaria da parte del meccanismo europeo di stabilità, il cosiddetto ESM, segna un momento decisivo nella storia dell'unione monetaria europea. Per la prima volta il principio di irreversibilità dell'appartenenza all'unione è stato messo in discussione. L'opzione di uscita, anche se temporanea, è stata seriamente presa in considerazione. La capacità dei leader dell'Eurozona di ricomporre differenze profonde ha, però, testimoniato la volontà politica di non compromettere il progetto della moneta unica. Le modalità e le difficoltà dell'accordo testimoniano allo stesso tempo di un progetto di unione economica e monetaria ancora incompiuto e la cui piena realizzazione è resa ancora più urgente dagli eventi legati alla crisi greca. La prima riga della dichiarazione dell'Eurosummit del 12 luglio richiama la necessità di ricostruire un clima di fiducia tra i Paesi membri dell'Eurozona. Nel corso del negoziato negli ultimi cinque mesi questo elemento è venuto a mancare. Le posizioni negoziali spesso incoerenti hanno determinato uno stallo e il rischio di rottura.
L'accordo testimonia, quindi, anche la volontà di ricostruzione di un clima di fiducia che dovrà comunque essere confermato e rafforzato nelle settimane a venire per concludere il negoziato e nei mesi a venire per implementare il programma
.
Come premessa all'avvio dei negoziati, a fronte di un impegno finanziario da parte dei Paesi creditori dell'ordine di oltre 80 miliardi di euro, è stato chiesto alla Grecia di adottare una serie preliminare di misure che riguardano la tassazione indiretta, il sistema pensionistico, l'indipendenza delle autorità statistiche e l'attuazione del fiscal compact. A queste si accompagnano misure volte al recepimento della direttiva sulle risoluzioni bancarie e la riforma del sistema di giustizia civile.
È presto per poter dire se all'adempimento formale avvenuto corrispondano sin da subito gli effetti attesi delle riforme votate.

Le riforme sono necessarie per testimoniare l'impegno del Governo greco a rispettare l'accordo, ma sono soprattutto necessarie per avviare finalmente un processo di ricostruzione dell'economia del Paese.
Nel corso degli ultimi mesi le prospettive di crescita della Grecia si sono fortemente deteriorate. L'incertezza sugli sviluppi del programma di assistenza, il deflusso di capitali prima e l'introduzione dei controlli sui movimenti di capitale dopo, la chiusura delle banche hanno inferto danni all'economia e allo stato di fiducia della popolazione che si sono riflessi in un peggioramento delle stime di crescita. Rispetto ad aprile, quando la Commissione europea prevedeva un aumento del PIL di mezzo punto percentuale, si prevede ora per il 2015 una caduta del PIL dell'ordine di 2 fino a 4 punti percentuali. Crescita negativa è anche prevista per il 2016. Dal 2017, in un contesto di ritrovata stabilità, l'economia potrà tornare a crescere. Per il medio periodo la Commissione prevede un tasso di crescita attorno all'1,8 per cento.
Il deterioramento delle condizioni economiche si è riflesso in un peggioramento dei conti pubblici, che, dopo aver registrato un pareggio invece che un attivo del saldo primario nel 2014, sono previsti registrare ora un disavanzo primario fino a un punto percentuale.
Secondo il Fondo monetario internazionale, nei prossimi due anni il debito pubblico potrebbe arrivare al 200 per cento del PIL, per poi scendere al 170 per cento nel 2022, un ammontare superiore di ben 28 punti percentuali a quanto stimato solo qualche settimana fa e più alto di ben 60 punti rispetto all'obiettivo fissato nel novembre 2012, nel quadro del secondo programma di assistenza finanziaria. La Commissione ha presentato numeri leggermente inferiori ma comunque elevati.
Le necessità di cassa del Governo greco fino al 2018 ammontano a circa 86 miliardi di euro, di cui 25 per la sola ricapitalizzazione del settore bancario, il quale necessita anche di importanti riforme di governance.
In generale, il fabbisogno medio fino al 2018 sarà superiore al 10 per cento del PIL, con punte sopra la soglia del 15 per cento, ritenuta dal Fondo, sulla base dell'esperienza storica, come il limite massimo per garantire la sostenibilità della finanza pubblica.
Le stime sulla sostenibilità del Fondo e della commissione divergono in virtù di diverse ipotesi sulla crescita e sulla possibilità di accesso al mercato da parte della Grecia durante il periodo del programma, 2015-2018. Quest'ultima dipenderà in gran parte dalla credibilità e dalla implementazione del programma di aggiustamento.

Un elemento centrale del dibattito sulla sostenibilità del programma per la Grecia riguarda la necessità o meno di una ristrutturazione del debito. Va ricordato che, oltre alla cancellazione del valore nominale, vi sono diverse opzioni per aumentare la sostenibilità del debito, che comprendono la rimodulazione, l'allungamento delle scadenze, la riduzione dei tassi di interesse applicati.
Le conclusioni dell'Eurosummit del 12 luglio escludono la possibilità di un taglio nominale, rimane però aperta l'opzione della ristrutturazione delle scadenze, che sarà affrontata in autunno, dopo l'avvio del programma.
L'Italia è sempre stata disponibile a considerare possibili forme di alleggerimento dell'onere del debito che, limitando l'impatto per i Paesi creditori, liberasse risorse per la Grecia.
È opportuno ricordare come gli interventi di ristrutturazione del debito greco del 2012 abbiano comportato vantaggi non indifferenti per la Grecia. Grazie a queste misure, il profilo delle scadenze del debito fino al 2023 sui prestiti europei è molto contenuto e i rimborsi sono distribuiti su diversi decenni. Il tasso di interesse sui titoli dei creditori europei è attualmente intorno all'1,35 per cento, rispetto a un tasso del 3,6 per cento sui prestiti effettuati dal Fondo monetario internazionale.
Secondo l'ESM, le migliori condizioni di prestito hanno comportato complessivamente un beneficio in termini di valore attuale netto del debito pari a circa la metà del PIL greco del 2013. Inoltre, le misure di riduzione del debito hanno fornito alla Grecia un importante beneficio in termini di spazio di manovra fiscale e di profilo di rimborso. Nell'attuale struttura del debito greco vi sono comunque ulteriori margini da sfruttare ed è necessario individuare le soluzioni più opportune.
La sostenibilità del debito, in ultima istanza, dipende dalla capacità del Paese di tornare a crescere a un ritmo sostenuto. Per questo, è necessario promuovere riforme e investimenti. Sul fronte delle riforme l'esperienza internazionale offre esempi importanti di buone pratiche che il Governo greco deve cercare di attuare. Gli spazi di riforma e, soprattutto, i margini di miglioramento dei risultati in termini di crescita e occupazione rimangono assai rilevanti, come testimoniato dalle principali organizzazioni internazionali.

Accanto alle riforme strutturali e in sinergia con queste, la ripresa della crescita passa per una ripresa degli investimenti pubblici e privati. Su questo fronte, quello degli investimenti, le conclusioni dell'Eurosummit ricordano l'utilizzo delle risorse disponibili alla Grecia nei vari programmi europei e stimano una disponibilità di circa 35 miliardi di euro, che potranno beneficiare di modalità di cofinanziamento più agevoli.
Più in generale, il nuovo programma di assistenza che le istituzioni e la Grecia stanno negoziando è di rilevante entità. Come già accennato, il fabbisogno sui tre anni è dell'ordine degli 86 miliardi di euro. Questa somma include 16 miliardi di ulteriori risorse disponibili per il programma del Fondo monetario, che, dopo il pagamento degli arretrati e un accordo con le altre istituzioni sulla sostenibilità del debito, potrebbe essere riavviato.Tenendo conto del contributo proveniente dal risparmio pubblico, le risorse di ESM necessarie saranno inferiori ai 60 miliardi. Di questi, come detto, 25 miliardi saranno necessari per ricapitalizzare il sistema bancario, che è stato pesantemente colpito dalla crisi e ha visto deteriorare le prospettive di solvibilità. È superfluo sottolineare come la rimessa in condizioni di normalità del settore bancario sia condizione indispensabile per la ripresa sostenibile della crescita. L'accordo del 12 luglio prevede anche la costituzione di un fondo cui assegnare, attività per 50 miliardi al fine di rendere più indipendente ed efficiente il processo delle privatizzazioni. Al di là del realismo della cifra, questa misura è stata molto controversa ma, anche grazie al contributo italiano, si è indicato che il Fondo, nella piena sovranità nazionale, dovesse essere uno strumento non solo di privatizzazione, ma anche di valorizzazione degli attivi, i cui proventi si potessero destinare a investimenti.
Da ultimo vorrei soffermarmi sulle implicazioni per l'Italia del finanziamento del programma in favore della Grecia. Come è noto, il contributo italiano al primo programma per la Grecia nel 2010-2011 è avvenuto tramite un prestito bilaterale di 10 miliardi. I primi rimborsi in conto capitale sono previsti a partire dal giugno 2020 (gli ultimi nel 2041) e pertanto non sono rientrati finora nell'orizzonte temporale del bilancio pluriennale. Un allungamento delle scadenze – anche dell'ordine dei 30 anni come prospettato dal FMI in alternativa alla cancellazione – avrebbe un impatto molto contenuto. Il contributo al secondo programma avviene attraverso la concessione di garanzie sui titoli emessi dal meccanismo finanziario EFSF. Questa cifra non è limitata alla Grecia, ma corrisponde al totale del programma di emissione di EFSF. Complessivamente alla Grecia, questa istituzione ha erogato finora circa 131 miliardi di euro, la quota italiana è pari a circa 25 miliardi di euro. Sul debito verso EFSF, la Grecia ha ottenuto, con l'accordo del novembre 2012, un periodo di estensione delle scadenze pari a 15 anni (la scadenza media del debito è ora pari a 32,4 anni) e una grazia sul pagamento per interessi per 10 anni. Un ulteriore allungamento non comporterà – così come non ha comportato nel novembre 2012 – oneri finanziari a carico dei paesi creditori.
Infine il nuovo prestito ESM non richiederà oneri aggiuntivi per i paesi creditori. L'Italia ha finito di versare nel 2014 la sua quota di partecipazione che ammonta a 14 miliardi di euro.
In conclusione, l'uscita, anche temporanea, della Grecia dall'Unione monetaria è stata evitata. Sarebbe stata una soluzione disperata e dalle conseguenze imprevedibili, ma sicuramente molto più gravi di quanto generalmente ammesso. Le conseguenze sarebbero state assai gravi soprattutto, per la Grecia e in misura minore per i paesi geograficamente vicini ma non membri della zona euro.

Gli eventi delle ultime settimane indicano che tali rischi non riguardano invece altri paesi membri della zona euro. Anche nei momenti più difficili della crisi infatti non si sono manifestati segni apprezzabili di inizio di contagio sui mercati. Certamente non per l'Italia, a conferma della acquisita solidità e fiducia della nostra economia. Si tratta ora di guardare avanti. Una volta concluso l'accordo per il programma ESM, la Grecia avrà tre anni di tempo (e significative risorse) per avviare il grande programma di ricostruzione per una crescita sostenuta e sostenibile di cui ha bisogno. Un risultato che si sarebbe potuto ottenere in tempi più rapidi e con costi assai più contenuti. Ma da questa crisi si devono trarre anche importanti lezioni per l'Unione monetaria; la crisi greca ha evidenziato la persistenza di debolezze della costruzione dell'Unione monetaria che vanno superate. Il rapporto dei 5 presidenti pubblicato nelle scorse settimane offre spunti per il processo di rafforzamento istituzionale e strutturale che vanno sviluppati. Il processo deve essere accelerato per produrre in tempi rapidi soluzioni che rafforzino la resilienza dell'area dell'euro. La solidità dell'Unione monetaria si deve misurare sia in termini di stabilità finanziaria e di bilancio sia in termini di capacità di creare ricchezza e occupazione, a maggior ragione dopo i gravi danni subiti dalla crisi finanziaria prolungata ed estesa che abbiamo attraversato.
L'unione monetaria deve essere affiancata da una unione bancaria, in buona parte completata, e da una autentica unione economica e fiscale, dove al rispetto delle regole si accompagni una altrettanto necessaria condivisione del rischio, necessaria e sostenuta da una adeguata mutualizzazione delle risorse. Il Governo italiano si sta impegnando per portare avanti questa linea.

 Download dell’intervento

Informativa del ministro Padoan sulle decisioni assunte per la Grecia nell'Eurogruppo (PDF, 155 KB)

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