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Padoan: "La speculazione non ci danneggerà. Se c’è un attacco la Bce ha le armi"

Corriere della Sera - 29/06/2015

Intervista al ministro Padoan di Antonella Baccaro pubblicata su Corriere della Sera.

«Un fulmine a ciel sereno». La decisione della Grecia di indire il referendum sull’accordo Ue e la raccomandazione di votare «no», ha colto di sorpresa il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, che qui spiega perché ritiene che un default greco non comporti rischi per l’Italia. Neanche quello peggiore: l’attacco speculativo «modello 2011».

Più sorpreso o più deluso?
«Mah, la decisione greca è intervenuta dopo che l’Eurogruppo si è riunito quattro volte in una settimana...»

C’era margine per l’intesa?
«Siamo arrivati a questo punto dopo 4 mesi durante i quali si è perso molto tempo. Da parte greca non si mandavano ai tavoli gli staff per discutere delle misure. Soltanto nelle ultime due settimane si è cominciato a entrare nel merito».

Tutta colpa della Grecia? C’è stato un intento punitivo dell’Ue nei suoi confronti?
«No, non c’è stato. Il mandato era quello di trovare un accordo. Tanto è vero che su molti aspetti erano stati fatti passi avanti importanti anche da parte dei greci. Certo, il governo Tsipras aveva un atteggiamento diverso rispetto al precedente, che era molto più collaborativo e sotto il quale l’economia era un po’ migliorata».

L’Italia, che ha invocato la flessibilità per sé, per favorire la crescita, l’ha chiesta anche per la Grecia?
«Lei ricorda bene che la nostra presidenza dell’Ue ha imposto finalmente la questione della crescita ottenendo benefici, grazie alla comunicazione sulla flessibilità della commissione Ue, già all’interno del disegno di finanza pubblica inserito nel Def...»

E per la Grecia?
«C’è stata flessibilità: lo si capisce calcolando la distanza tra le posizioni iniziali delle istituzioni e quelle dei documenti sul tavolo ieri. Poi però va ricordato che ci sono molti paesi della periferia dell’euro, Portogallo, Spagna, Irlanda e altri paesi, come la Slovenia, che hanno implementato misure di aggiustamento molto dure, ottenendo risultati importanti in termini di crescita. Non a caso tra questi paesi abbiamo registrato un atteggiamento di chiusura verso la Grecia».

Di qui il flop del negoziato?
«No, non voglio dare loro la colpa e ricordo che non c’è un dibattito tra la Grecia e gli altri paesi, ma un confronto continuo tra 19 Paesi».

E all’interno degli stessi. La mediazione di Merkel è stata condizionata dal dibattito interno in Germania?
«Dibattito che esiste in Germania come in Finlandia o alcuni Paesi baltici, dove si auspica più rigore e meno flessibilità. Accanto alla giusta richiesta di sovranità del popolo greco c’è l’altrettanto rispettabile richiesta di altri Parlamenti. A noi rendere compatibili le varie decisioni democratiche».

Che accade se la Grecia vota «sì»?
«L’ho chiesto anch’io al ministro Yanis Varoufakis ieri, immaginando, a rigor di logica che un “sì” potesse equivalere a una sfiducia verso Tsipras. Lui mi ha risposto: “In quel caso il governo rispetterebbe il volere del popolo greco e implementerebbe l’accordo”».

E se ci fosse un «no»?
«Il governo greco dovrà accettare quel mandato. Continuo a sperare che ci possa essere una soluzione positiva».

L’economista Paul Krugman dice che la Grecia ce la farebbe senza l’euro e questo ne proverebbe la reversibilità.
«Al di là del fatto che i problemi della Grecia sono strutturali, è indubbio che se dovesse uscire dall’euro questo sarebbe un sistema diverso da quello pensato inizialmente. Per questo sarebbe importante, punto sollevato ieri nell’Eurogruppo, accelerare le misure di rafforzamento delle istituzioni dell’Unione contenute nel rapporto dei cinque Presidenti».

La Bce tiene aperto il canale di liquidità con la Grecia.
«È un importantissimo segnale politico che da parte delle istituzioni europee, tutte, si ha intenzione di continuare a cercare una soluzione concordata e positiva».

Questo eviterà il caos nelle prossime ore?
«Non lo sappiamo. Non mi stupirei ma nemmeno mi preoccuperei più di tanto se sui mercati ci fosse un aumento della volatilità. La Bce ha tutti gli strumenti a disposizione per fronteggiarla».

Basteranno?
«Bisogna verificarlo al test dei mercati e a quello della fuoriuscita dei depositi dalla Grecia. Vedremo se ci sarà bisogno di altro».

La Banca greca ha attivato il controllo dei capitali.
«Lo fece anche Cipro nella stessa situazione. E funzionò».

Parliamo dei nostri crediti verso la Grecia.
«Si tratta di 10,2 miliardi di prestiti bilaterali e 27,2 di contributi al fondo. Smentisco che il default greco produrrebbe un aumento del debito: è già tutto contabilizzato».

Che rischio corre l’Italia: 1) volatilità, 2) spread stabilmente oltre i 100 punti, 3) speculazione.
«Non so se 100 punti base siano una soglia critica ma sappiamo che la Bce può intervenire tramite il Q.E., l’acquisto di titoli sui mercati nazionali, per stabilizzare lo spread. Ricordo che non siamo nel 2011: oggi le istituzioni sono più solide, come la nostra economia».

Niente attacchi speculativi.
«Quando si parla di attacco speculativo o è una versione più intensa di vendita di titoli italiani o è un attacco all’euro nel suo complesso. Vale il discorso di prima sulla Bce».

Ma se l’attacco indebolisse in particolare l’Italia abbassando il rating del debito e impedendo l’accesso al Q.E.?
«Non mi sembra ci siano le condizioni per tale scenario. E comunque vale il what ever it takes di Draghi. Ci sono vari strumenti messi in campo dalla Bce, tra cui l’acquisto illimitato di titoli (Omt, Outright monetary transactions )».

Che comporta però un commissariamento per il Paese che ne beneficia.
«Richiede un programma di riforme strutturali per irrobustire i fondamentali che, nel caso dell’Italia, c’è già. Non abbiamo bisogno di un Omt: abbiamo una tenuta dei conti tra le migliori in Europa».

C’è un piano di emergenza concordato con Banca d’Italia e Bce in caso di attacco?
«No, non ci sono piani segreti sull’Italia. Ci sono gli strumenti della Bce».

Ma se aumentasse il costo del debito, potremmo mantenere gli obiettivi di crescita e di rapporto deficit/Pil che ci siamo posti nel documento economico (Def)?
«Il Def è stato scritto con ipotesi conservative sui tassi d’interesse, sapendo che si alzeranno per questioni diverse dalla Grecia. E poi stiamo utilizzando i tassi bassi per finanziare il debito con emissioni a prezzi vantaggiosi per il Tesoro. Anche se i tassi aumentassero, non credo che implicherebbe una revisione degli obiettivi del Def».

In questo clima, con tutti gli impegni di spesa sopravvenuti, ad esempio, il rimborso per l’indicizzazione delle pensioni, si potranno diminuire le tasse?
«Disinnescheremo l’aumento dell’Iva delle clausole di salvaguardia riducendo le spese. L’ulteriore diminuzione è un obiettivo cui lavoreremo cercando di utilizzare tutti i margini di flessibilità di bilancio».

Che dice agli italiani che partono, anche per la Grecia?
«Chi ci va, porti del cash . Il resto stia tranquillo: non c’è alcun pericolo per i conti correnti e per gli strumenti di risparmio in mano agli italiani»