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Audizione del ministro Padoan sullo stato di utilizzo delle risorse destinate alle misure di salvaguardia in materia di accesso ai trattamenti pensionistici presso le Commissioni congiunte 5 e 11 Senato e V e XI Camera

24/09/2015

Si è svolta questa mattina l’audizione dei Ministri Padoan e Poletti sullo stato di utilizzo delle risorse destinate alle misure di salvaguardia in materia di accesso ai trattamenti pensionistici presso le Commissioni congiunte 5 e 11 Senato e V e XI Camera. Pubblichiamo di seguito, e in allegato, l'intervento del ministro dell’Economia e delle Finanze, Pier Carlo Padoan.

Audizione

Con la riforma attuata alla fine del 2011 (DL 201/2011, convertito con legge n. 214/2011) l’età ordinaria di pensionamento per vecchiaia è stata portata a 66 anni e tre mesi e l’accesso al pensionamento anticipato consentito solo in presenza di anzianità contributive elevate (42 anni e 6 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 6 mesi di contributi per le donne). Tale età è stata indicizzata su base triennale all’andamento delle aspettative di vita (dal 2016 tali requisiti aumenteranno di 4 mesi). L’aumento dell’età di pensionamento è parte di un insieme di misure volte a salvaguardare l’equilibrio dei conti pubblici, sia nell’immediato sia nel medio-lungo termine a rendere stabile nel tempo il sistema previdenziale. Ogni cambiamento va attentamente valutato, sia per le implicazioni sui saldi pubblici, sia per le conseguenze sulla credibilità dell’impegno del governo ad assicurare la sostenibilità del debito pubblico, sia per valutare le implicazioni sul processo di riduzione della pressione fiscale e di sostegno alla crescita economica.
Dall’applicazione dei nuovi requisiti di accesso al pensionamento sono stati esclusi tutti i soggetti che alla data del 31 dicembre 2011 avevano maturato i requisiti previsti dalla previgente normativa. Sono state inoltre escluse alcune categorie di lavoratori che avevano maturato i requisiti successivamente al 31 dicembre 2011 ma per le quali si manifestava una difficoltà alla permanenza nel mercato del lavoro, anche attraverso interventi adottati in anni successivi. Si tratta di lavoratori prossimi al pensionamento e rientranti in categorie espressamente definite dal legislatore.
Nel complesso sono stati attuati sei provvedimenti di salvaguardia, che avrebbero dovuto riguardare 170.230 soggetti (a decorrere dal 2013 e dagli anni successivi), per i quali sono stati stanziati 0,3 miliardi nel 2013, 1,35 miliardi nel 2014, 2,4 miliardi nel 2015, 2,9 miliardi nel 2016, 2,4 miliardi nel 2017, 1,4 miliardi nel 2018, 0,65 miliardi nel 2019, 0,2 miliardi nel 2020, 0,05 miliardi nel 2021. Un totale cumulato dal 2013 al 2021 di circa 11,7 miliardi. Questo impegno finanziario ha trovato copertura nei singoli provvedimenti legislativi di salvaguardia.
Allo stato attuale non è ancora possibile effettuare un consuntivo di tutte le operazioni di salvaguardia in quanto ve ne sono alcune ancora “aperte”, per le quali la certificazione del diritto può ancora avvenire non solo nel presente esercizio ma anche in esercizi successivi. Il monitoraggio complessivo delle operazioni di salvaguardia (considerando dati parziali che inglobano anche le salvaguardie c.d. “aperte”) evidenzia al 10 settembre 2015 circa 121.500 tra certificazioni accolte (116.000) e attuali giacenze che, con riferimento in particolare alla c.d. seconda e sesta salvaguardia (salvaguardie ancora “aperte”) possono ancora incrementarsi. Le pensioni liquidate al 10 settembre 2015 risultano pari a circa 83.400: si tratta di numero parziale e in continua crescita in quanto le pensioni relative ai soggetti salvaguardati possono decorrere anche in anni successivi.
Per finalizzare le risorse programmate alla tutela dei lavoratori in esame (articolo 1, comma 235, primo periodo, della legge n. 228/2012) è stata istituita una specifica autorizzazione di spesa (cfr. anche articolo 4, comma 2, della legge n. 147/2014) che può essere incrementata a seguito dell’accertamento, con riferimento alle sole tipologie di salvaguardia progressivamente concluse1 , da parte della conferenza dei servizi (articolo 1, comma 235) di eventuali economie aventi carattere pluriennale ai fini della eventuale riprogrammazione degli oneri prospettici. La conferenza, da tenersi annualmente, è stata convocata per la prima volta nel mese di settembre 2015.
Le somme stanziate negli anni 2013 e 2014 sono state conservate nel conto dei residui passivi dello stato di previsione del Ministero del lavoro (anche per evitare la loro cancellazione dal bilancio) in attesa dei rendiconti INPS ai fini del rimborso all’Ente delle prestazioni effettivamente rese2. Qualora la conferenza dei servizi accertasse livelli di spesa inferiori a quelli programmati, necessariamente riferiti a salvaguardie concluse nella manifestazione del diritto da parte dei soggetti beneficiari, relative a esercizi pregressi rispetto agli esercizi finanziari corrente e futuri, l’eventuale utilizzo del differenziale cumulato relativo a tali anni pregressi a copertura di oneri relativi ad anni successivi richiederebbe un espresso intervento normativo (derogatorio al principio dell’annualità), da compensare in termini di indebitamento netto per le annualità in cui si utilizzerebbe tale differenziale.
Qualora, sempre con riferimento a salvaguardie concluse nella manifestazione del diritto da parte dei soggetti beneficiari, la conferenza dei servizi accertasse livelli di spesa inferiori a quelli programmati per gli esercizi futuri, il relativo eventuale utilizzo risulta limitato alle annualità per le quali il differenziale verrebbe certificato e nella dimensione determinata per ogni singolo anno.
In prima istanza risulta, quindi, necessario che la conferenza di servizi certifichi, sulla base del procedimento previsto dalla normativa vigente, le eventuali economie riconducibili alle salvaguardie che, al momento, risultano chiuse e non ancora aperte. La conferenza dei servizi, tuttora in corso, sta procedendo alla definizione delle risultanze in relazione al sottoinsieme in esame (c.d. salvaguardie “chiuse”).
La disposizione relativa alla c.d. “opzione donna” (articolo 1, comma 9, della legge n. 243/2004) si riferisce alle pensioni decorrenti entro il 31/12/2015, trattandosi di disposizione sperimentale, la cui sperimentazione è prevista chiudersi entro il 31/12/2015 al fine di verificarne i risultati. Ovviamente, in tale periodo, deve essere inglobato quello necessario per accedere alla decorrenza (regime delle decorrenze), nonché, per la precedente maturazione dei requisiti, anche quello conseguente agli adeguamenti alla speranza di vita. Coerente con tali contenuti è anche la complessiva regolamentazione amministrativa3. Conseguentemente, la costruzione dei saldi di finanza pubblica di consuntivo e di previsione, che opera sulla base della legislazione vigente, riscontra tali contenuti normativi e non sono previste pensioni decorrenti successivamente al 31/12/2015 in base a tale disciplina (articolo 1, comma 9, della legge n. 243/2004)4.Qualora si intendesse estendere il beneficio anche ai soggetti con decorrenza del trattamento successiva al 31/12/2015 (maturazione del requisito a tutto il 31/12/2015) risulterebbe necessaria una modifica della normativa vigente dalla quale conseguirebbero maggiori oneri in relazione ai quali risulta necessario reperire contestuali mezzi di copertura.
Per quanto attiene le operazioni di salvaguardia “chiuse”, il Governo si impegna a utilizzare le eventuali risorse disponibili accertate per gli anni futuri per dare copertura a un eventuale nuovo ma definitivo intervento in materia di salvaguardia dei lavoratori dall’applicazione dei requisiti pensionistici di cui al DL 201/2011.
Il Governo si impegna, inoltre, a ricercare soluzioni finalizzate al recupero delle economie accertate per gli esercizi pregressi e al relativo utilizzo per gli esercizi successivi, previa compensazione sui saldi di finanza pubblica nel rispetto degli obiettivi programmati. Auspico che ciò ponga termine alle illazioni sulla presunta sottrazione di risorse.
Questi interventi potranno essere attuati nell’ambito della prossima Legge di Stabilità, (eventualmente anche per affrontare la questione c.d. “opzione donna”).
Ora alcune considerazioni sulla cosiddetta “Flessibilità in uscita”. La disponibilità di margini di flessibilità che consentano di adeguare le scelte di pensionamento alle esigenze individuali sulla base di criteri attuariali è di per sé un aspetto positivo. L’introduzione di forme di flessibilità potrebbe essere utile al fine di venire incontro a richieste di specifici gruppi di cittadini vicini all’età di pensionamento. Tuttavia, nell’affrontare il dibattito sulla “flessibilità in uscita” vi sono alcuni aspetti da considerare:
a) in una società caratterizzata da un’elevata vita attesa e prospettive di significativo ulteriore incremento è inevitabile un progressivo aumento dell’età di pensionamento;
b) in un paese caratterizzato da un elevato debito pubblico è necessario un assetto normativo-istituzionale del sistema pensionistico in grado di contribuire significativamente al processo di rientro del rapporto debito/pil;
c) il meccanismo attuariale potrebbe non risultare sufficiente ad assicurare gli obiettivi di innalzamento dell’età media di accesso al pensionamento e di adeguatezza delle prestazioni5;
d) infine, va ricordato che già nell’ordinamento vigente vi siano forme di flessibilità, nell’ambito dei requisiti generali di accesso al pensionamento, compatibili con gli obiettivi di finanza pubblica (come ad esempio il pensionamento anticipato, alcune gradualità nel processo di elevazione dell’età pensionabile), che già conducono ad un’età media effettiva di accesso al pensionamento inferiore al requisito ordinario per l’accesso al pensionamento di vecchiaia ordinario (nel 2014 l’età media di accesso al pensionamento è risultata 62,6 anni, a fronte di un requisito anagrafico per vecchiaia di 66 anni e 3 mesi, e nel 2015, come programmato, si verifica un incremento nell’accesso al pensionamento anche per la progressiva maturazione da parte degli assicurati dei nuovi requisiti di accesso al pensionamento anticipato).
Premesso quanto sopra, in ogni caso, il Governo è comunque impegnato ad analizzare la questione a partire dalla Legge di Stabilità e compatibilmente con il quadro generale di finanza pubblica.

  • (1) Si tratta delle salvaguardie per le quali l’attività di certificazione, tenuto conto delle giacenze, è sostanzialmente conclusa essendosi chiusi anche i termini di presentazione delle domande.
  • (2) Il rimborso può avvenire anche con un ritardo temporale di due o più anni rispetto al momento in cui la prestazione è stata effettivamente erogata e la relativa spesa ha impattato sui conti pubblici.
  • (3) Cfr circolari INPS n. 60/2008, 53/2011, 35/2012 punto 7.2), 37/2012). D’altro canto l’attuale applicazione della disposizione in esame è quella coerente con il dettato normativo. Infatti, altre interpretazioni, oltre ai problemi finanziari sopra indicati, presenterebbero incoerenze sul piano giuridico. In particolare la lettura della data del 31/12/2015 di cui al primo periodo del comma 9 dell’articolo 1 della legge n. 243/2004 come data per la maturazione del requisito e non della decorrenza comporterebbe il venir meno del carattere sperimentale della disposizione con risultati da verificare entro il 31/12/2015. Ciò in quanto i soggetti potrebbero accedere al pensionamento con lo schema in esame successivamente al 31/12/2015 per un periodo molto ampio fino alla data in cui avrebbero maturato i requisiti ordinari, in contrasto con la norma primaria.
  • (4) Né potrebbe essere altrimenti stante il criterio contabile della legislazione vigente. D’altro canto l’attuale applicazione della disposizione in esame è quella coerente con il dettato normativo. Infatti, altre interpretazioni, oltre ai problemi finanziari sopra indicati, presentano incoerenze sul piano giuridico. In particolare la lettura della data del 31/12/2015 di cui al primo periodo del comma 9 dell’articolo 1 della legge n. 243/2004 come data per la maturazione del requisito e non della decorrenza comporterebbe il venir meno del carattere sperimentale della disposizione con risultati da verificare entro il 31/12/2015. Ciò in quanto i soggetti potrebbero accedere al pensionamento con lo schema in esame successivamente al 31/12/2015 per un periodo molto ampio fino alla data in cui avrebbero maturato i requisiti ordinari, in contrasto con la norma primaria.
  • (5) Pagare subito una pensione di 90 invece che di 100 tra 3 anni, non comporta un risparmio di 10 ma un costo di 90 per tre anni, quindi, a parità di generazioni una “compensazione” tra 27 anni, tra 36 anni se l’anticipo è di 4 anni.

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