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Audizione del ministro Padoan sulla presentazione del DEF 2016 presso le Commissioni riunite Bilancio di Camera e Senato

19/04/2016

Premessa

Nel 2015, dopo tre anni consecutivi di contrazione, l’economia italiana è tornata a crescere e nel 2016 la ripresa continuerà e si consoliderà. L’occupazione aumenta, il tasso di disoccupazione scende, i conti pubblici migliorano, la pressione fiscale diminuisce. Il Governo mantiene una politica di bilancio rigorosa accompagnata da misure espansive e riforme per far ripartire il Paese.
Ciò accade anche se, negli ultimi mesi, il quadro internazionale ha mostrato evidenti segnali di peggioramento, dovuti al rallentamento delle economie emergenti, all’affievolirsi della ripresa europea e al cumularsi di rischi geopolitici.
Il Documento di Economia e Finanza 2016 (DEF) è il terzo predisposto da questo Governo. Si iscrive, pertanto, in una strategia di programmazione economica di natura pluriennale, che abbiamo iniziato ad attuare nel 2014.
Il principale obiettivo di questa strategia è ben noto: il rilancio della crescita e dell’occupazione.
Gli strumenti operativi si possono riassumere in quattro punti:

  1. Una costante azione di riforma strutturale del Paese e di stimolo agli investimenti, privati e pubblici.
  2. Una impostazione della politica di bilancio, al tempo stesso, favorevole alla crescita e volta ad assicurare un graduale ma robusto consolidamento delle finanze pubbliche, tale da ridurre il rapporto tra debito e PIL
  3. La riduzione del carico fiscale, che si associa a una maggiore efficienza della spesa e dell’azione della Pubbliche amministrazione
  4. Il miglioramento del clima d’investimento e della capacità competitiva del sistema Italia.

Il quadro macroeconomico

Le stime ufficiali dell’ISTAT confermano che nel 2015 l’economia italiana è tornata a crescere dopo tre anni di contrazione, registrando un tasso di crescita dello 0,8 per cento in termini reali e dell’1,5 per cento in termini nominali.
Il PIL nominale nel 2015 è risultato in linea con quanto stimato in settembre (1.636,4 miliardi contro 1.635,4 miliardi).
Secondo la nuova previsione del Governo, quest’anno il PIL crescerà dell’1,2 per cento in termini reali e del 2,2 per cento in termini nominali.
Nello scenario tendenziale, nei prossimi anni, il tasso di crescita reale rimarrebbe intorno al livello del 2016, mentre quello nominale accelererebbe col crescere dell’utilizzo delle risorse produttive.
Nello scenario programmatico, dopo un incremento dell’1,2 per cento nel 2016, la crescita del PIL reale nel triennio 2017-2019 risulterebbe più elevata che nel tendenziale, anche a motivo di una politica di bilancio sempre rigorosa, ma anche concentrata sul sostegno dell’attività economica e dell’occupazione.
Il PIL reale crescerebbe dell’1,4 per cento nel 2017, quindi dell’1,5 per cento nel 2018 ed infine dell’1,4 per cento nel 2019.
Nella seconda parte del periodo di previsione, il biennio 2018-2019, il PIL nominale crescerebbe di più nello scenario programmatico che in quello tendenziale, grazie a un migliore andamento complessivo dell’economia.
Il nuovo scenario tiene conto del peggioramento del quadro macroeconomico internazionale.
La caduta del prezzo del petrolio sostiene la domanda interna nei paesi consumatori quali l’Italia, ma riduce consumi e importazioni nei paesi produttori, verso cui le esportazioni italiane erano cresciute molto fino al 2014.
Il tasso di cambio dell’euro si è recentemente apprezzato su base ponderata, portandosi al livello più elevato dall’inizio del 2015.
In questo quadro di maggiori difficoltà internazionali la crescita del PIL in Italia ha decelerato nella seconda metà del 2015.
D’altro canto, nel primo trimestre del 2016, la crescita sembra aver ripreso slancio, con la produzione industriale in netta ripresa rispetto al quarto trimestre del 2015. Le aspettative di produzione delle imprese sono moderatamente positive. Dal lato della domanda, gli andamenti recenti sembrano coerenti con un andamento espansivo dei consumi in generale e assai dinamico in alcune componenti dei consumi durevoli, quali gli acquisti di autovetture.
Le indagini presso le imprese indicano che gli investimenti fissi lordi cresceranno nel 2016, non solo nella componente dei mezzi di trasporto, ma anche in quelle quantitativamente più rilevanti delle costruzioni e dei macchinari, delle attrezzature e dei prodotti della proprietà intellettuale.

I conti pubblici

L’obiettivo di indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche per il 2015, pari al 2,6 per cento del PIL, è stato raggiunto.
La discesa dei pagamenti per interessi, osservata nel 2015, si è accompagnata alla stabilità del saldo primario su un’incidenza sul PIL pari all’1,6 per cento, lievemente inferiore all1,7 per cento previsto in settembre.
Per quanto riguarda il 2016, il Governo prevede un indebitamento netto intorno al 2,3 per cento del PIL, a fronte dell’obiettivo del 2,2 per cento formulato in settembre.
Tale obiettivo era stato elevato al 2,4 per cento, in coerenza con i limiti massimi autorizzati dalle Camere ed esposti nella Relazione al Parlamento del 18 settembre 2015, nel corso dell’iter di approvazione della Legge di Stabilità 2016 con apposita Comunicazione del Governo, in connessione con gli interventi per la sicurezza e la cultura disposti a seguito dei gravi fatti di terrorismo avvenuti in Francia.
L’attuale previsione di finanza pubblica tiene conto della chiusura dei conti della Amministrazioni Pubbliche nel 2015, del nuovo quadro macroeconomico e dell’aggiornamento della spesa per interessi in relazione all’evoluzione dei tassi all’emissione. In particolare, nel confronto con le valutazioni riportate nella Nota Tecnico Illustrativa alla Legge di Stabilità 2016 (NTI 2016), che indicava l’indebitamento netto al 2,4 per cento, la previsione aggiornata per il 2016 sconta 0,4 p.p. di PIL di minori entrate, anche in relazione al mutato quadro macroeconomico, 0,3 p.p. di PIL di minori spese per interessi e 0,2 p.p. di PIL di minori spese primarie. La previsione tiene conto dell’effettiva spendibilità delle autorizzazioni di spesa, di un forte impegno amministrativo nell’attività di riscossione delle entrate e di azioni volte ad accrescere moderatamente l’entità delle dismissioni immobiliari.
Nel 2016 l’avanzo primario torna a migliorare, attestandosi all’1,7 per cento del PIL anche se risulta lievemente inferiore a quanto indicato nella NTI 2016.

Obiettivi di bilancio, saldi strutturali e clausole di flessibilità

Il saldo strutturale corrispondente a un indebitamento netto del 2,3 per cento del PIL nel 2016 sarebbe pari all’1,2 per cento del PIL, in peggioramento di circa 0,7 punti percentuali rispetto al 2015.
Come è noto, in coerenza con la Comunicazione della Commissione Europea sulla Flessibilità nel Patto di Stabilità e Crescita (PSC) del gennaio 2015, l’Italia ha richiesto 0,5 punti di flessibilità per le riforme strutturali e 0,3 per gli investimenti pubblici.
Nel luglio 2015, accogliendo la richiesta iniziale di flessibilità da parte dell’Italia pari a 0,4 punti percentuali, il Consiglio ECOFIN adottava una raccomandazione al nostro Paese che richiedeva di migliorare il saldo strutturale nel 2016 in misura pari a 0,1 punti.
Tale indicazione va riconsiderata tenendo conto delle richieste di ulteriore flessibilità da parte dell’Italia avanzate a novembre scorso, relativa a ulteriori riforme e a investimenti, e del limite massimo alla flessibilità cumulata che può essere consentita secondo l’accordo raggiunto tra gli Stati membri e sancito dal Consiglio ECOFIN di febbraio 2016. Quest’ultimo stabilisce un tetto pari a 0,75 punti percentuali di flessibilità cumulata tra riforme e investimenti.
In considerazione di questi nuovi elementi, in caso di piena adesione da parte della Commissione europea alla richiesta di flessibilità per riforme e investimenti da parte dell’Italia, la raccomandazione originaria del Consiglio si tradurrebbe in una variazione massima del saldo strutturale nel 2016 pari a -0,25 punti. In rapporto a questo nuovo obiettivo, la variazione di -0,7 punti ora prevista costituisce una deviazione, non tale però da essere formalmente definita una ‘deviazione significativa’. Essa è quindi compatibile con il ‘braccio preventivo’ del Patto di Stabilità e Crescita.
Il nuovo scenario programmatico qui presentato prevede di ridurre l’indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche all’1,8 per cento del PIL nel 2017 e allo 0,9 nel 2018, portando quindi il saldo in lieve surplus nel 2019 (0,1 per cento del PIL).
Su base strutturale, secondo le stime del Governo, basate sulla metodologia concordata in sede europea, il saldo in percentuale del PIL migliorerebbe dal -1,2 per cento del 2016 al -1,1 nel 2017 e quindi al -0,8 nel 2018 e al -0,2 per cento nel 2019. Quest’ultimo livello assicurerebbe sostanzialmente il conseguimento dell’Obiettivo di Medio Termine (MTO) dell’Italia.

Strategia di rientro verso l’obiettivo di medio termine (MTO) e regole fiscali

Il percorso di rientro verso l’MTO previsto in condizioni normali per i paesi nella braccio preventivo del Patto, e con un debito superiore al 60% del PIL, richiederebbe che il saldo strutturale nel 2017 migliorasse di almeno 0,5 punti percentuali di PIL.
Il Governo ritiene inopportuno e controproducente operare una tale stretta di bilancio, in considerazione dei seguenti principali fattori:

  1. Rischi di deflazione e stagnazione. Come già argomentato, il quadro globale è caratterizzato da pressioni deflazionistiche e da rischi economici e geopolitici. La crescita europea rimane debole, le pressioni al ribasso sui prezzi si propagano dal settore energetico e industriale a tutto il sistema dei prezzi e rischiano di alimentare aspettative di ulteriori ribassi, con possibili effetti depressivi sulla crescita.
  2. Insufficiente coordinamento delle politiche di bilancio nell’Area dell’Euro. La Commissione Europea ha raccomandato per l’Area dell’Euro una politica di bilancio quantomeno neutrale e in cui i paesi in posizione più solida utilizzino i margini di espansione fiscale, soprattutto a favore degli investimenti. Tuttavia ciò non sembra manifestarsi in misura adeguata, col risultato che l’intonazione della politica di bilancio appare restrittiva a fronte di una evidente carenza di domanda aggregata, elevata disoccupazione e sottoutilizzazione della capacità produttiva. Sono altresì insoddisfacenti, in molti paesi, i progressi nelle riforme strutturali, in cui invece l’Italia risulta in miglioramento con riferimento a quasi tutte le raccomandazioni del Consiglio Ecofin.
  3. Effetti indesiderati di eccessive strette fiscali. Come argomentato nel DEF, i moltiplicatori fiscali sono aumentati nei paesi che come l’Italia hanno subìto lunghe e profonde recessioni. Ciò significa che una marcata stretta di bilancio potrebbe causare ulteriori ripercussioni recessive e peggiorare le prospettive di crescita del PIL e la sostenibilità delle finanze pubbliche nel medio termine.
  4. Costi delle riforme strutturali. Come discusso nel Programma Nazionale di Riforma, le riforme che il Governo ha intrapreso nel biennio 2014-2015, la loro attuazione e le ulteriori riforme programmate per gli anni a venire avranno effetti benefici sul clima di investimento e il potenziale di crescita dell’Italia. Tuttavia, le riforme necessitano di tempo per produrre in pieno gli effetti positivi attesi e possono, in taluni casi, comportare costi iniziali in termini di crescita e/o di bilancio pubblico. Per questo politiche di stampo fortemente restrittivo potrebbero risultare contraddittorie in un quadro di sostegno alla ripresa.
  5. Sottostima dell’output gap. La valutazione della crescita potenziale e dell’output gap, ovvero della differenza tra la crescita effettiva e la crescita potenziale stimata, è alla base del calcolo del saldo strutturale di finanza pubblica. Il Governo adotta la metodologia stabilita a livello europeo nel calcolo di tali variabili. È tuttavia evidente che tale procedura sottostima l’output gap, il che può essere fonte di politiche di bilancio pro-cicliche e quindi potenzialmente recessive.

Politica di bilancio per il triennio 2017-2019

Le clausole di salvaguardia, che diventerebbero operative nel 2017, rappresentano circa lo 0,9 per cento del PIL. L’intendimento del Governo nell’impostazione della prossima Legge di Stabilità è quello di sterilizzare tali clausole attuando una manovra alternativa.
Essa verrà definita nei prossimi mesi e garantirà un indebitamento netto pari all’1,8 per cento del PIL nel 2017 attraverso misure di revisione della spesa pubblica, comprese le spese fiscali, e interventi che accrescano l’adempimento riducendo i margini di evasione ed elusione delle tasse. Ciò si realizzerà compatibilmente con gli equilibri di bilancio e col processo di riduzione del carico fiscale su famiglie e imprese.

Andamento previsto del rapporto debito/PIL

La riduzione dello stock di debito delle Amministrazioni pubbliche in rapporto al PIL rimane un obiettivo prioritario del Governo ed è fondamentale per mantenere la fiducia dei mercati.
Per quest’anno, si prevede una discesa del rapporto debito/PIL al 132,4 per cento. Le privatizzazioni e dismissioni darebbero un contributo dello 0,5 per cento. Il processo di riduzione del rapporto si accentuerà nei prossimi anni, per l’effetto congiunto della progressiva riduzione dell’indebitamento netto e dell’aumento della dinamica nominale del PIL. Nel 2019 il debito scenderebbe al 123,8 per cento del PIL.

Le riforme strutturali

Lo sforzo di riforma dell’Italia negli ultimi due anni è stato ambizioso, ampio e profondo. I risultati conseguiti sono assai significativi, come riconosciuto anche dalla Commissione Europea nel Country Report 2016. Tuttavia, resta ancora molto da fare, anche per via dell’ampiezza dello sforzo intrapreso.
Il Programma Nazionale di Riforma 2016 rivisita ed amplia l’approccio e gli obiettivi del 2015 e li allinea con la più recente Annual Growth Survey della Commissione Europea e le Raccomandazioni del Consiglio Europeo sia all’Euro zona che all’Italia.
Gli investimenti fissi lordi nel 2015 sono cresciuti dello 0,8 percento in termini reali. Si tratta di un importante segnale di inversione di tendenza dopo anni di contrazione. Tuttavia, per ritornare ad una crescita economica più sostenuta è necessario che il rapporto fra investimenti e PIL, che ha raggiunto un minimo di 16,5 percento nel 2015, torni ai valori pre-crisi pari al 20 per cento.
Per stimolare un’accelerazione degli investimenti privati e pubblici la Legge di Stabilità 2016 ha messo in campo risorse e misure significative, cui si associa la richiesta di utilizzo della clausola per gli investimenti pubblici prevista dalle regole di bilancio dell’Unione Europea. Particolare rilevanza hanno l’intervento sugli ammortamenti a fronte di investimenti effettuati nel 2016 e il credito d’imposta per gli investimenti effettuati nel Mezzogiorno nel quadriennio 2016-19.
Queste misure devono essere sostenute da riforme che migliorino ulteriormente il ‘clima d’investimento’, con particolare riferimento alla propensione a investire in capitale di rischio. Gli ultimi aggiornamenti degli indicatori internazionali di clima d’investimento, pur in miglioramento, evidenziano infatti che i maggiori ostacoli si concentrano, oltre che nella debolezza delle aspettative di domanda, nella lentezza della giustizia, nelle procedure burocratiche, nell’accesso al credito e nella tassazione. È in queste aree che continuano a concentrarsi gli sforzi di riforma del Governo.
A fronte delle difficoltà di finanziamento delle piccole e medie imprese e delle start-up il Governo ha messo in campo una molteplicità di strumenti, a supporto dell’innovazione tecnologica, della spesa in ricerca e sviluppo e della crescita dimensionale delle aziende.
Nuove misure semplificano l’accesso al credito, incoraggiano la capitalizzazione e la quotazione in borsa delle imprese e valorizzano brevetti e delle altre opere dell’ingegno.
Per sostenere la produttività nel medio e lungo termine è inoltre necessario continuare a sviluppare il capitale umano, il che significa riqualificare i lavoratori disoccupati, migliorare l’istruzione e la preparazione professionale dei giovani, sviluppare la ricerca tecnologica, promuovere la scienza e la cultura e farne vere priorità della politica nazionale.
Numerosi interventi normativi, in fase di attuazione, stanno rendendo l’assetto del sistema bancario italiano più moderno e competitivo. Essi includono la riforma delle banche popolari, del credito cooperativo e delle fondazioni bancarie, la riforma delle procedure di insolvenza e di recupero dei crediti, l’introduzione di un sistema di garanzie pubbliche per la dismissione e cartolarizzazione dei crediti in sofferenza delle banche insieme all’accelerazione dei tempi di deducibilità fiscale delle perdite su crediti.
Il Governo ritiene che la strategia di rafforzamento del sistema creditizio debba basarsi anche su ulteriori interventi in materia di giustizia civile, che favoriscano la dismissione dei crediti in sofferenza da parte delle banche.
Per agevolare le decisioni di investimento delle imprese la giustizia italiana deve divenire più equa ed efficiente, uniformandosi agli standard europei. A tal fine, negli ultimi due anni, sono stati introdotti il processo telematico e gli incentivi fiscali alla negoziazione assistita e all’arbitrato, la ridefinizione e razionalizzazione della geografia dei tribunali ed è stata allargata la sfera di applicazione degli accordi stragiudiziali.
Per migliorare il ‘clima d’investimento’ in Italia è necessaria anche una maggiore efficienza della Pubblica Amministrazione, che deve rendere servizi di qualità a cittadini e imprese.
Con l’obiettivo di contribuire alla riduzione degli squilibri territoriali, il Masterplan per il Mezzogiorno mira a sviluppare filiere produttive presso i centri di maggiore vitalità del tessuto economico meridionale, accrescendone capacità imprenditoriali e competenze professionali.
Al rilancio degli investimenti privati sta contribuendo significativamente la realizzazione dei progetti promossi dal Fondo Europeo per gli Investimenti Strategici (FEIS, al cuore del cosiddetto “Piano Juncker”).
Gli ultimi dati relativi al FEIS mostrano per l’Italia ventinove iniziative tra accordi di finanziamento e progetti infrastrutturali, per 1,7 miliardi di risorse, che potrebbero attivare fino a 12 miliardi di investimenti. L’Italia risulta il paese dell’Unione che sinora fatto maggior ricorso al Piano Junker.

Conclusioni

L'Italia ha accumulato negli anni un debito elevato, la cui gestione è divenuta più difficile per la perdita di prodotto causata dalla recessione e per via delle spinte deflazionistiche. La crescita, a sua volta, è stata ostacolata da impedimenti strutturali la cui rimozione è al centro della strategia del governo.
Pur in un contesto difficile, la politica di bilancio può favorire la crescita ancorando le aspettative di imprese e famiglie a una prospettiva credibile di riduzione del debito e del carico fiscale e migliorando la composizione dell’intervento pubblico.
Nel corso dell’ultimo biennio gli obiettivi indicati per l’indebitamento netto sono stati conseguiti senza interventi correttivi in corso d’anno e senza aumenti del prelievo sul lavoro, sulle imprese e sui consumi. È stata inoltre conseguita una diminuzione della pressione fiscale, al netto del bonus di 80 euro classificato tra i trasferimenti correnti alle famiglie, di 0,7 punti percentuali.
In merito al miglioramento della composizione dell’intervento pubblico, il processo di revisione della spesa, che ha già visto significativi risultati in termini di riduzione del numero dei centri di spesa e di adozione dell’e-procurement, verrà reso più efficace dalla riforma del processo di formazione del bilancio dello Stato. Tale innovazione contribuirà al superamento della logica emergenziale e accrescerà la responsabilizzazione dei titolari delle decisioni di spesa, agevolando un esame dell’intera struttura del bilancio.
Le riforme istituzionali che il Parlamento ha approvato sono funzionali a una politica economica orientata al medio e lungo termine. La riforma della legge elettorale, il superamento del bicameralismo e la revisione dell’allocazione delle competenze tra centro e periferia assicureranno una governance politica più stabile ed efficace.
Queste riforme rafforzeranno la capacità dell’Italia di competere e confrontarsi con le principali economie. Ma anche di contribuire alla stabilità della economia Europea in cui il Paese è fortemente integrato.
I nostri sforzi rimarranno concentrati sulla introduzione e sulla corretta attuazione delle riforme e sull’approntamento di ulteriori misure che migliorino il clima di investimento e le opportunità di occupazione.

 Audizione del ministro Padoan

Video: Audizione del ministro Padoan sulla presentazione del DEF 2016
 

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