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Audizione del ministro Padoan, presso il Comitato Schengen nell'ambito dell'indagine conoscitiva "Gestione del fenomeno migratorio nell'area Schengen, con particolare riferimento alle politiche dei Paesi aderenti relative al controllo delle frontiere esterne e dei confini interni"

25/11/2015

Il video dell'audizione sul canale YouTube del MEF

Il Governo nel Documento Programmatico di Bilancio trasmesso il 15 ottobre alla Commissione europea ha identificato un impatto fiscale dell’emergenza migranti pari a 3.3 miliardi o 0.2% del PIL nel 2015 e nel 2016.

Nel 2014 sono sbarcate sulle coste italiane 170 mila persone, più del triplo rispetto a quanto registrato l’anno precedente, superando addirittura i valori rilevati nel 2011 a fronte della cosiddetta emergenza umanitaria Nord Africa.

Il picco raggiunto nel 2014 si riscontra anche per le presenze nei centri di accoglienza, raddoppiate rispetto al 2013. I dati registrati fino a settembre 2015 confermano che oltre 136 mila migranti sono arrivati via mare(1). Secondo l’agenzia UE Frontex, sempre nei primi tre trimestri del 2015, oltre 710 mila migranti sono entrati nell’Unione europea (contro i 282 mila in totale nel 2014). Un’ampia maggioranza è arrivata attraverso tre soli paesi tra cui l’Italia, che nelle dimensioni del fenomeno segue la Grecia (circa 365 mila) e l’Ungheria (circa 204 mila), rispettivamente (dati di fine settembre). Questi numeri si riferiscono sia a potenziali richiedenti asilo, sia ad altri tipi di migranti, accomunati dal fatto che attraversano in modo irregolare le frontiere.

Si tratta di un afflusso epocale che interessa l’intera Europa a seguito degli sconvolgimenti in atto nei paesi di origine. Secondo gli osservatori raggiungerà nei prossimi anni livelli senza precedenti. La Commissione europea, nell’effettuare stime sull’impatto del flusso di rifugiati(2), pur ricordando l’incertezza che circonda lo sviluppo di questo tipo di fenomeno, indica l’arrivo di più di un milione di persone per l’intero anno 2015 e aggiuntivi 3 milioni fino alla normalizzazione dei flussi nel 2017. L’Italia si è trovata in prima linea nella gestione di questa nuova crisi, assumendosi il compito di garantire il controllo della frontiera anche per i paesi interni e effettuando ingenti operazioni di salvataggio.

Il forte aumento dell'arrivo dei richiedenti asilo ha posto una considerevole pressione su diversi Stati membri dell’Unione Europea, mettendo alla prova la capacità di ricezione e inasprendo, in alcuni casi, le tensioni politiche e sociali.

Questo vale in particolare per i paesi, come l’Italia, che sono principalmente di transito e non costituiscono la destinazione finale dei flussi migratori.
Questo significa anche che a fronte del costo sostenuto dall’Italia non c’è un corrispondente beneficio economico derivante dell’integrazione dei migranti nel tessuto produttivo. Questo fattore è particolarmente rilevante se si pensa che circa il 75% del costo dell’emergenza è rappresentato dalle funzioni di gestione della frontiera comune, mentre i benefici socio-economici saranno poi ripartiti tra i vari paesi di destinazione.

Secondo la Commissione Europea nell’Autumn Economic Forecast 2015, i paesi membri con una popolazione che invecchia e una forza lavoro che si riduce, i flussi migratori possono cambiare la distribuzione per età nella popolazione in modo da rafforzare la sostenibilità fiscale. Analisi simili sono state realizzate con simili conclusioni anche dalla World Bank e dall’OCSE(3).

A settembre 2015 erano circa 77 mila i migranti nelle strutture di accoglienza governative e nelle oltre 1800 strutture temporanee appositamente adibite (quasi il doppio delle presenze registrate a fine 2014 e oltre dieci volte il dato medio del periodo 2011-2012).

Il sistema di protezione dei richiedenti asilo e dei rifugiati copriva più di 26 mila persone nel 2013, con un aumento fino a 65 mila nel 2014. I minori non accompagnati hanno superato le 10 mila unità, ponendo un’enorme sfida in termini di adeguatezza degli alloggi, della supervisione e dell’integrazione scolastica.
L’organizzazione dell’accoglienza per rispondere in maniera tempestiva all’arrivo contemporaneo di numeri estremamente elevati di rifugiati richiede un impegno finanziario e organizzativo crescente per tutti i livelli di governo.

Il Piano Operativo Nazionale per fronteggiare il flusso straordinario di cittadini extracomunitari, approvato a luglio 2014 in condivisione con le Regioni e gli Enti locali, ha previsto il potenziamento delle questure per rendere più rapide le procedure di identificazione e di richiesta di asilo. Il Piano ha previsto anche il potenziamento delle commissioni territoriali per accelerare i tempi di esame delle richieste di protezione internazionale, l’ampliamento dei posti di accoglienza disponibili nelle strutture governative, considerando la necessità di assicurare una transizione agevole tra servizi di prima e di seconda assistenza.

L’attivazione e la gestione di un sistema di accoglienza in grado di far fronte alla pressione registrata ha comportato un notevole sforzo di bilancio. La ricostruzione puntuale della spesa per l’accoglienza dei migranti e il soccorso è complessa, data la pluralità degli attori coinvolti.

La gestione attuale dell’accoglienza fa capo principalmente al Ministero dell’interno, con il contributo, fino al 2014, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali per quanto attiene ai minori stranieri non accompagnati. Il soccorso in mare vede impegnati oltre ai corpi militari, gli uomini e i mezzi delle capitanerie di porto e della guardia di finanza.

Le risorse finanziarie necessarie ad affrontare le circostanze eccezionali dell’afflusso di immigrati sul territorio italiano sono quasi interamente a carico del bilancio statale. Nel 2015 sono stimate in oltre 3,3 miliardi di euro, di cui circa 3 miliardi per spese di natura corrente. La spesa in conto capitale è aumentata nel corso degli anni a fronte degli accresciuti posti disponibili nelle strutture di accoglienza e della manutenzione e rinnovo dei mezzi necessari alle operazioni di soccorso che include l’ammortamento di mezzi aerei, navali e terrestri da parte del Ministero della Difesa e della Guardia di Finanza.

La quota più significativa della spesa sostenuta riguarda le strutture di accoglienza (oltre il 50 per cento del totale) e in secondo luogo i soccorsi in mare (circa il 25 per cento). Queste spese derivano in larga parte della posizione geografica dell’Italia, considerata prevalentemente luogo di transito dai migranti e non una destinazione finale. Questa particolarità evidenzia ancora di più come nel nostro caso i costi sostenuti siano connessi alla sorveglianza della frontiera comune europea e alla primissima accoglienza.

L’assistenza comprende, tra le voci principali:
- La spesa diretta sostenuta per il sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR)(4),
- La spesa per la gestione dei centri e delle strutture temporanee e per le rette dell’assistenza sanitaria dei profughi,
- La spesa per le commissioni territoriali preposte all'esame delle richieste di riconoscimento dello status di rifugiato,
- Il fondo per i minori stranieri non accompagnati
- Le spese per la gestione ed il funzionamento del sistema informativo e per il personale del Ministero dell’interno direttamente coinvolto (che al fine di fronteggiare la situazione degli arrivi ha anche effettuato un notevole ammontare di lavoro straordinario anche nei giorni festivi e nei luoghi di sbarco).
Oltre alla spese statali è inclusa, in particolare per gli SPRAR e per i minori non accompagnati, una stima dei costi sostenuti dagli enti locali (molto diversificati da un territorio all’altro).

La spesa per il soccorso in mare include l’impegno delle Capitanerie di porto, della Difesa e della Guardia di Finanza.
Non vanno poi trascurati i costi derivanti dalle cure erogate tramite il servizio sanitario nazionale (SSN) e dall’istruzione per i migranti che entrano per la prima volta nel sistema scolastico italiano.

Il contributo del servizio sanitario è basato sui riscontri forniti dalle Aziende sanitarie locali(5) e sui crediti vantati nei confronti dello Stato. A questo proposito vorrei ricordare che il Governo, tenuto conto dell’intensificarsi della crisi migranti, già nella primavera del 2014 aveva stanziato - tramite l’articolo 36 del decreto legge n.66 del 2014 - 250 milioni di euro nell’anno 2014 per il pagamento del debito del Ministero dell'Interno nei confronti delle Aziende Sanitarie Locali, prevedendo che le somme eventualmente eccedenti fossero destinate al pagamento dei debiti della stessa specie, maturati anche successivamente alla predetta data. Per quanto attiene invece al contributo del sistema scolastico è stato considerato il costo medio annuale per alunno e una stima del numero di “neoentrati”, ossia degli alunni stranieri entrati per la prima volta nei diversi anni scolastici. I “neoentrati” per il 2015 sono stimati nell’ordine di 40 mila, tenuto conto che per gli anni precedenti le rilevazioni nel Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca hanno attestato un trend crescente da circa 28 mila nell’anno scolastico 2010/2011 e 2011/2012 a circa 37 mila nell’anno scolastico 2013/2014 (con una flessione registrata a 23 mila nel 2012/2013).

Conviene sottolineare che la previsione di spesa per il 2015 (oltre 3,3 miliardi di euro) appare del tutto coerente con le stime del numero di attraversamenti irregolari delle frontiere per l’Italia effettuate dall’UNHCR, che prevede per tutto il 2015 circa 165 mila sbarchi via mare confermando sostanzialmente i dati del 2014 (con leggero ribasso) e un aumento del numero di richiedenti asilo (da 65 mila del 2014 a 80 mila del 2015)(6).

Per meglio capire le implicazioni del fenomeno sul bilancio pubblico, andrebbero anche valutati gli oneri indiretti dell’integrazione sociale complessiva degli immigrati nel paese ma questi sono difficilmente calcolabili.

Come già indicato l’Italia è considerata dai migranti generalmente un paese di transito. Questo è un fattore che riduce le potenzialità di un beneficio economico di medio-lungo periodo. Le organizzazioni internazionali che studiano questo tipo di fenomeno, come l’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni (OMI), segnalano che l’impatto di medio termine dei migranti è positivo quanto più sono ben inseriti nel mercato del lavoro del paese ospitante. E’ infatti l'occupazione, e in particolare quella regolare, il canale tramite cui i migranti contribuiscono all’economia.

In confronto con la media del periodo 2011-2012, nel 2013 le spese sono incrementate di quasi il 40 per cento, sono più che raddoppiate nel 2014 e sono quasi triplicate nel 2015 (cfr. Tavola 1 in Appendice). Tale andamento è confermato anche esaminando la spesa al netto dei contributi dell’Unione europea, derivante da fondi quali quello per le frontiere esterne, per l'integrazione dei cittadini di paesi terzi, per i rifugiati e per i rimpatri.

Per agevolare il confronto in serie storica, i costi sono stati stimati al netto della spese sostenute nel 2011 per la cosiddetta emergenza Nord Africa, affidata al Dipartimento della protezione civile(7).

Il differenziale tra la spesa sostenuta negli anni 2011-2012 (al netto dei contributi UE) e negli anni in cui si è manifestata l’emergenza umanitaria è pari, in termini cumulativi, a circa 4 miliardi di euro. Le risorse disponibili in bilancio per i prossimi anni consentono di sostenere un livello di intervento paragonabile a quello del 2015 (scenario costante). Nella prospettiva dell’acuirsi della crisi si determinerebbe l’esigenza di reperire ulteriori fondi. Infatti, nel caso in cui le presenze nelle strutture di accoglienza nel 2016 registrassero lo stesso incremento osservato tra il 2014 e 2015 (scenario di crescita), la spesa complessiva ammonterebbe a poco meno di 4 miliardi nel 2016.

Considerato il drastico aumento dei migranti che l’Italia ha dovuto sostenere negli ultimi anni, il Governo ha richiesto all’Unione europea di riconoscere la natura eccezionale dei costi relativi all’accoglienza e al salvataggio degli immigrati e, più in generale, l'impatto economico e finanziario di questo fenomeno, anche ai fini del calcolo dell’indebitamento strutturale come previsto ai sensi dell’articolo 5.1 e articolo 6.3 del Regolamento CE 1466/97, e dell’articolo 3 del “Fiscal compact”.

Conviene precisare che, a differenza di quanto fatto per altri temi, nell’ambito del dibattito europeo non è stata definita in maniera stringente né la nozione di “spesa per i rifugiati” né l’insieme delle regole da applicare per valutare la richiesta di flessibilità legata alla cosiddetta “clausola migranti”.
La clausola europea di flessibilità legata ad eventi eccezionali, in questo contesto declinata per l’emergenza migranti, può essere invocata solo per cause eccezionali, temporanee e fuori dal controllo dei governi.

L’opinione della Commissione Europea sull’utilizzo della così detta clausola migranti riconosce l’ingente impatto sulla finanza pubblica della crisi dei rifugiati e ritiene che debba essere considerato come un evento eccezionale al di fuori del controllo del Governo come definito nell’articolo 5.1 e 6.3 del Regolamento (EC) n. 1466/97.

La Commissione esprimerà un giudizio definitivo circa il rispetto delle condizioni e l’eleggibilità delle spese sulla base dei dati raccolti e forniti dalle Autorità italiane. L’Italia ha richiesto alle Istituzioni europee una flessibilità aggiuntiva pari a 0,2% del PIL, pari quindi al totale del montante previsto per lo sforzo finanziario dovuto ai migranti nel 2016. Il Governo intende utilizzare questo margine ulteriore di gestione del bilancio per finanziare spese correnti e investimenti nel campo della sicurezza e nel campo della cultura in un’azione di contrasto al terrorismo che abbia come obbiettivo anche una migliore integrazione culturale degli immigrati nel nostro tessuto sociale. Verrà di conseguenza riconsiderata l’anticipazione al 2016 della diminuzione dell’Ires già contemplata per il 2017.

(1) Il dato di fonte Frontex riferito ai migranti arrivati in Italia tra gennaio e settembre 2015 è leggermente inferiore, pari a 126 mila, secondo quanto riportato nelle cd. "previsioni di autunno” della Commissione europea (5 novembre 2015).
(2) Cfr., anche le “previsioni di autunno” della Commissione europea (5 novembre 2015), Box 1.
(3) OECD Migration Policy Debates, May 2014: Is migration good for the economy?
The World Bank noted in its Global Monitoring Report 2015/16 how “migration can help countries to adjust to uneven demographic change… and that the global economic dividends they can bring can be considerable”.
(4) Il programma nazionale d'asilo creato nel 2001 dal Ministero dell'Interno, l'Associazione nazionale dei comuni italiani e l'Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati, istituzionalizzato poi dalla legge n.189/2002. Lo Sprar è costituito dalla rete degli enti locali che accedono al Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo. Lo Sprar in principio non sarebbe finalizzato (come i Cda o i Cara) a un'assistenza immediata di chi arriva in Italia, ma all'integrazione di soggetti già titolari di una forma di protezione internazionale. Oggi però anche lo Sprar fa la prima accoglienza: dopo l'emergenza Nord Africa e l'aumento dei flussi migratori infatti il Ministero dell'Interno ha cominciato a trasferire i richiedenti asilo appena arrivati direttamente nello Sprar, senza passare per i Cara (Centri accoglienza richiedenti asilo) sovraffollati.
(5) In particolare con riferimento alla rilevazione dei costi per il SSN per stranieri irregolari - Modello LA.
(6) Cfr., anche le “previsioni di autunno” della Commissione europea (5 novembre 2015), Box 1.
(7) L'ordinanza del Capo Dipartimento della Protezione Civile n. 33 del 28 dicembre 2012 regolamenta la chiusura dello stato di emergenza umanitaria per l’eccezionale afflusso di cittadini provenienti dai Paesi del Nord Africa e il rientro nella gestione ordinaria a partire dal 1° gennaio 2013.

APPENDICE
Tavola 1 – Stima della spesa sostenuta per la crisi migranti. Anni 2011-2016.

  2011 2012 2013 2014 2015 2016
  in milioni di euro
scenario costante 1047,4 1324,3 1608,8 2668,8 3326,5 3302,3
scenario di crescita         3326,5 3994,3
di cui:  
corrente 1009,0 1263,0 1347,1 2328,7 2989,0 2959,4
capitale 38,4 61,3 261,7 340,1 337,5 343,0
Contributi UE 94,3 65,2 100,7 160,2 120,2 112,1
Totale al netto dei contributi UE 953,1 1259,2 1508,1 2508,6 3206,3 3190,3

Nota: I dati non comprendono la spesa relativa all’emergenza Nord Africa, aperta nel 2011.
Lo scenario di crescita considera una presa in carico di circa 1 mille minori aggiuntivi l’anno a un costo medio di 45 euro al giorno, di circa 62 mila persone aggiuntive nelle strutture di accoglienza governativa e temporanee a un costo medio di 32,5 euro al giorno e di circa 3,5 mila richiedenti asilo e rifugiati aggiuntivi nel sistema di protezione a un costo medio di 35 euro al giorno.
Fonte: Elaborazioni MEF-RGS.
Consideriamo due scenari in attesa che la Commissione chiarisca se la richiesta della clausola di flessibilità sia valida soltanto in presenza di un incremento tra 2015 e 2016 e se la valutazione verrà formulata sulla base delle previsioni o soltanto a consuntivo.

Orientamenti della Commissione
La flessibilità prevista nel Patto di Stabilità e Crescita (PSC) consente di giustificare la spesa aggiuntiva collegata, in un dato anno, ad eventi insoliti al di fuori del controllo del governo, sia nel braccio preventivo che in quello correttivo del PSC.
Tre paesi, Austria, Belgio e Italia, hanno annunciato nel Draft Budgetary Plan (DBP) per il 2016 di voler far ricorso a tale flessibilità, mentre Germania, Finlandia e da ultimo anche Slovenia hanno fornito alcune informazioni senza però chiedere l’utilizzo della clausola.
In tale contesto, la Commissione ha annunciato un attento monitoraggio della situazione relativa alle spese per rifugiati sulla base dei dati osservati forniti dalle autorità degli Stati Membri interessati al fine di determinare gli importi eleggibili per la clausola di flessibilità. Tale informazione sarà utilizzata per valutare ex post le possibili deviazioni temporanee da quanto richiesto per il 2015 e il 2016 dal PSC. Le deviazioni che deriveranno solo e direttamente dai costi netti aggiuntivi collegati alla crisi dei rifugiati non porteranno all’apertura di procedure. Al momento non sono state elaborate modalità comuni di raccolta e classificazione dei dati.

Confronto con altri Paesi interessati dall’emergenza migranti
Come noto, l’Italia ha indicato nel proprio DBP una spesa collegata all’emergenza dei rifugiati pari a 3,3 miliardi di euro (ovvero 0,2 percento del PIL) per ciascuno dei due anni 2015 e 2016. I costi addizionali per il 2015, rispetto al 2014, sono pari a circa 600 mln. (inferiori allo 0,1 per cento del PIL) , mentre per il 2016 non sono al momento previsti costi aggiuntivi rispetto al 2015. La Commissione si è riservata di svolgere una valutazione ex post sulla base di dati di bilancio, riconoscendo che la considerazione di tali costi potrebbe consentire all’Italia di non esser considerata in una situazione di deviazione significativa dal percorso verso il proprio obiettivo di medio termine.
L’Austria ha indicato nel proprio DBP la creazione di un fondo speciale da 75 milioni di euro, il trasferimento di 70 milioni di euro alle politiche attive del lavoro e ha fornito indicazioni sull’incremento del costo unitario per rifugiato sulla base dei servizi forniti. Al settembre 2015, circa 55.000 persone avevano inoltrato domanda d’asilo e, nel 2016, il numero dei rifugiati è stimato aumentare da 46.000 a 61.000. La spesa pubblica dovrebbe pertanto aumentare dello 0,1 percento del PIL nel 2015 e dello 0,2 percento nel 2016. La Commissione ha dichiarato nella propria Opinion sul DBP che la spesa aggiuntiva non dovrebbe comportare problemi di sostenibilità, riconoscendo che la considerazione di tali costi potrebbe consentire all’Austria di non esser considerata in una situazione di deviazione significativa dal percorso verso il proprio obiettivo di medio termine.
Il Belgio ha previsto nel proprio DBP un importo aggiuntivo di 134 milioni di euro (ovvero 0,03 percento del PIL) sul bilancio 2015, e di 350 milioni (ovvero 0,1 percento del PIL) per il 2016. La Commissione ha dichiarato che la spesa aggiuntiva non dovrebbe comportare problemi di sostenibilità, e che svolgerà una valutazione ex post sulla base di dati di bilancio.
La Germania ha fornito nel proprio DBP stime sui costi aggiuntivi relativi esclusivamente alle necessità di base e dei richiedenti asilo che quantifica in circa 0,025 del PIL senza includere misure di integrazione, di welfare e di istruzione. La Commissione nell’Opinion ha elaborato una stima più elevata pari a 0.1% del PIL nel 2015 e 0.2% nel 2016 includendo una stima dell’incremento delle spese di welfare correlate all’afflusso eccezionale di rifugiati.
La Finlandia menziona costi collegati all’integrazione dei rifugiati nel periodo 2016-2019, ma non include una stima puntuale per gli anni 2015 e il 2016.
Infine il 29 ottobre u.s. la Slovenia ha annunciato, dopo aver inviato il DBP, che l’impatto dell’accoglienza dei rifugiati potrebbe essere dello 0,1 percento del PIL aggiuntivo rispetto a quanto previsto nel DBP.

 Video dell’audizione

 

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