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Intervento del ministro Tria all’Assemblea Generale di Assolombarda

18/10/2018

Introduzione
Ringrazio il Presidente di Assolombarda, Carlo Bonomi, per avermi invitato alla vostra Assemblea generale. È con grande piacere che ho accettato questo invito, e con altrettanto piacere mi rivolgo a voi in questa meravigliosa cornice. In occasione di questa Assemblea, si incontrano arte e imprenditoria, due tratti distintivi che definiscono Milano e l’Italia agli occhi del mondo.

Arte e imprenditoria condividono tra loro la centralità del lavoro, la cultura del rischio e l’onore di contribuire all’evoluzione della società nel suo insieme. Nello specifico, ci troviamo qui oggi a celebrare i successi di un territorio e delle sue imprese, che con determinazione e impegno hanno consentito a questa città e all’intera Regione di confermarsi una vera e propria eccellenza italiana.

I dati sul posizionamento di Milano a livello internazionale sono ovviamente motivo di grande soddisfazione e orgoglio. Colpisce soprattutto la presenza centrale di Milano in tutti gli anelli della catena del valore, dall’Università alla produzione scientifica, dall’investimento in ricerca e sviluppo alla concentrazione di grandi imprese con un fatturato oltre il miliardo di euro e di start-up innovative.

È anche qui, a Milano, che si è consolidato negli ultimi anni un percorso virtuoso di collaborazione tra settore privato e pubblica amministrazione. Questa collaborazione ha contribuito a proiettare Milano ancora di più nel panorama Europeo e internazionale. Come si evince dall’intervento del Presidente Bonomi, oggi siamo qui a discutere soprattutto del futuro. Siamo qui per riflettere sulle cose da fare per stimolare la crescita economica dei distretti industriali nazionali, per gestire e anticipare al meglio le conseguenze della transizione tecnologica, per ridurre la pressione fiscale e l’onere della burocrazia per le imprese che rimane tutt’ora troppo elevato.

Sono venuto qui a parlarvi di quella che credo fermamente sia la strada da seguire per rilanciare l’Italia. Questa strada ci deve portare a ridurre e in seguito eliminare il gap di crescita che ci divide dal resto dell’Europa.

Questa strada deve portare a un circolo virtuoso che cerchiamo, attraverso la Nota di aggiornamento al bilancio e il ddl bilancio, di innescare con una serie di misure volte a stimolare la crescita economica del Paese, al fine di ridurre la pressione fiscale e garantire maggiore inclusione sociale, nel rispetto della responsabilità finanziaria e di bilancio. L’adozione della Legge di Bilancio in sede di Consiglio dei Ministri e il suo iter parlamentare, si inseriscono in un contesto economico-finanziario segnato da evoluzioni e macro-tendenze a livello globale, nonché dalle scelte di politica economica dei precedenti governi. Si tratta di scelte che non hanno consentito di ridurre il debito pubblico né di incidere efficacemente sulla crescita del PIL.

L’obiettivo del Governo invece è quello di arrivare a ridurre il debito di 4.5 punti percentuali nell’arco del prossimo triennio, per attestarci su un indebitamento pari al 126.7%. A questo risultato non si potrà giungere con una politica di austerity, ma con una strategia espansiva che porti risultati sulla crescita del PIL.

Ho spiegato in dettaglio durante la mia Audizione al Parlamento, in risposta alla decisione dell’Ufficio di Programmazione del Bilancio, che le nostre stime sulla crescita del PIL sono prudenziali. Le ricordo sinteticamente qui: 1,5 per cento per il 2019, 1,6% per il 2020 e 1,4% per il 2021.

Queste stime si basano su dati aggiornati che tengono conto anche dell’innalzamento dello spread e sono frutto di simulazioni molto articolate fatte dal dipartimento del Tesoro, composto da professionisti di altissimo livello dedicati a sostenere le decisioni del Governo con analisi e misure tecniche che ci consentono di allocare al meglio le risorse.

La strategia espansiva di cui parlo non è certamente temeraria. Le nostre scelte sono maturate in un quadro di responsabilità e non mettono in nessun modo in pericolo la tenuta dei conti pubblici. Il percorso di deficit nel triennio è disegnato in modo tale da dare la spinta iniziale necessaria e vedere il disavanzo rientrare progressivamente negli anni successivi.

Non stiamo parlando qui di ipotesi avventate, ma di reali prospettive che la manovra genererà con le sue misure. Tengo a ribadire questa affermazione perché sono convinto della riuscita e della solidità del nostro impianto.

Per meglio valutare l'impatto di queste stime dobbiamo comprendere in che direzione andremmo perseverando nella stessa logica dell'ultimo decennio: una crescita troppo bassa che non potrà in nessun caso farci uscire, come sistema-paese, dal solco segnato dalla crisi. La lungimiranza e la proiezione nel futuro che caratterizza Milano mi consente di condividere con voi la seguente riflessione: una economia che non avanza abbastanza è una economia che rischia di avvitarsi in un continuo declino.

PILASTRI MANOVRA
Permettetemi ora di entrare nel merito della strategia del Governo, che vorrei però contestualizzare nella realtà economica di Milano, perché ne cogliate pienamente il valore aggiunto. I quattro elementi fondamentali della politica economica e sociale del Governo sono: gli investimenti pubblici, l’inclusione sociale e la riforma pensionistica e, infine, il fisco.

INVESTIMENTI
Sul fronte degli investimenti pubblici, l’obiettivo è quello di riportare il livello delle risorse investite ai valori pre-crisi del 3% del PIL. Destinando 15 miliardi di euro aggiuntivi nei prossimi tre anni, il Governo intende avviare una strategia nazionale di rinnovamento della qualità delle infrastrutture, al fine di aumentare il rendimento degli investimenti privati, incrementare il grado di competitività del sistema produttivo nazionale e favorire l’attrattività degli investimenti esteri nel nostro Paese. Questa strategia deve contemplare sia le nostre aree di debolezza, sia le nostre punte di eccellenza che hanno un bisogno continuo di modernizzazione per continuare a essere attraenti.

Come sapete, la collaborazione tra pubblico e privato è ormai un requisito di primaria importanza nel garantire la sostenibilità e la qualità dei servizi offerti dalle amministrazioni centrali e locali. È fondamentale allora poter dotare il mondo imprenditoriale italiano e l’intera filiera produttiva di un sistema infrastrutturale all’avanguardia che offra la possibilità di investire e pianificare.

Se i privati vedono nello Stato un partner non solo disponibile a investire, ma anche deciso nel dotarsi delle competenze di progettazione e di un quadro regolamentare che supporti questa disponibilità, anch'essi saranno pronti a destinare risorse proprie. Per questo ho proposto di istituire un sistema centrale di supporto alla progettazione, attraverso un centro di competenze operativo a livello nazionale dedicato a offrire, sia alle amministrazioni centrali che quelle locali, servizi e assistenza tecnica. Questo consentirà nell’immediato elevati standard di qualità per la preparazione e la valutazione di progetti e di programmi di investimento da parte delle amministrazioni pubbliche centrali e periferiche. A questo si aggiunge la necessaria semplificazione del codice degli appalti, che deve essere generata da un dialogo solido e costruttivo anche con i privati. Il Codice degli appalti non può essere uno strumento autoreferenziale a uso delle amministrazioni, deve essere invece la traduzione di tre necessità: far fare, farlo nel rispetto delle regole, e farlo il prima possibile.

INCLUSIONE SOCIALE
L’investimento non è solo una questione di infrastrutture e progetti. È anche una questione di persone. Sebbene prosegua il graduale miglioramento degli indici sul tasso di disoccupazione, le stime per il 2018 (che si attestano attorno al 10,6%) continuano a rappresentare un elemento di preoccupazione per il raggiungimento di una ripresa economica strutturale e sostenibile. Aggiungo a questo dato un altro, altrettanto preoccupante, ovvero l’aumento del numero di persone che vivono in condizioni di povertà o di deprivazione materiale, che oggi arriva a 17.5 milioni. A dieci anni dall’inizio dalla crisi, questo dato non è solo preoccupante, è allarmante.

Un terzo elemento che dobbiamo tenere in considerazione è l’impatto delle tecnologie sul tessuto produttivo, che richiede non solo investimenti come ho detto prima, ma anche nuove competenze. Milano e l’intero tessuto imprenditoriale lombardo rappresentano anche in questo senso una fonte di grande ispirazione. L’importanza attribuita alla sostenibilità e alla responsabilità sociale d’impresa è infatti un elemento fortemente radicato nella tradizione ambrosiana di inclusione che ha guidato le persone - tutti voi - ad assumere un ruolo attivo nella creazione di una società più equa e solidale.

In quest’ottica, il Governo ritiene prioritario intervenire con il Reddito di Cittadinanza, una misura che consentirà alle componenti più vulnerabili della nostra società di tornare a contribuire attivamente nel mercato del lavoro con un patto chiaro: investiamo su di te se ti impegnerai.

Questo patto di cittadinanza, che io vedo come un investimento nel nostro capitale umano, non avrà solo come effetto benefico l’uscita di migliaia di persone da condizioni di povertà inaccettabili. Porterà, per come il Governo sta disegnando le condizioni di erogazione e di utilizzo del Reddito di cittadinanza, una fluidificazione dei processi di entrata nel mercato del lavoro che andrà a beneficio anche delle imprese. Come vedete, non stiamo rimettendo in causa i valori che portano all’affermarsi nella vita sociale ed economica, ovvero la fatica del lavoro, lo sforzo dello studio e dell’acquisizione di competenze, e il senso di solidarietà.

Ed è proprio insieme alle imprese che il Governo dovrà lavorare per garantire il successo della misura e l’effettivo inserimento nei contesti aziendali che voi rappresentate a fronte delle necessità indotte dai mutamenti economici e tecnologici. Questo approccio all’inclusione sociale attraverso un sostegno al reddito finalizzato all’occupazione funziona se la rete dei controlli funziona. Per questo motivo ho già predisposto una task force in seno alla Guardia di Finanza che sta definendo le tipologie di controllo specifiche per far sì che l’investimento sull’inclusione sociale sia veramente finalizzato all’obiettivo di crescita. Sarà uno sforzo sistemico che includerà altre parti dell’amministrazione pubblica, e che potrà godere anche dell’esperienza maturata dalla Guardia di Finanza.

RIFORMA DELLE PENSIONI
L’ho accennato prima: è da tempo evidente che il nostro Paese necessiti di una graduale ma decisa staffetta generazionale nel mondo del lavoro. Il dato sulla disoccupazione giovanile - ancora oltre la soglia del 30% - rappresenta per questo Governo un’urgenza fondamentale per stimolare la ripresa del Paese e delle sue aziende. In questo senso, l’intervento sul sistema pensionistico è parte di una strategia complessiva che mira a tenere insieme crescita economica, stabilità finanziaria e stabilità sociale. Il superamento degli squilibri dell’attuale sistema sarà assicurato nell’ottica di agevolare il ricambio generazionale e consentire ai giovani di poter avere accesso al mercato del lavoro. Tale priorità sarà realizzata attraverso l’individuazione della cosiddetta Quota 100 come somma dell’età anagrafica (62 anni) e contributiva (minimo 38 anni) quale requisito per accedere alle misure previdenziali. Per le donne, inoltre, è prorogata l’Opzione Donna che permette alle lavoratrici di andare in pensione con 58 anni, se dipendenti, o 59 anni, se autonome, e 35 anni di contributi. In merito al dibattito che si sta sviluppando sul tema, dal punto di vista macroeconomico, la relazione tra sistema pensionistico e mercato del lavoro è ambigua e non vi è accordo in letteratura sugli effetti generali di un aumento dell’età pensionabile sull’occupazione giovanile. Il risultato di un tasso di occupazione più elevato per gli anziani rispetto ai giovani, infatti, dipende da una moltitudine di fattori che sono difficilmente analizzabili all’interno di un unico quadro teorico.

Sebbene non vi siano elementi definitivi nelle varie analisi a livello nazionale ed europeo, circa l’effetto positivo dell’innalzamento dell’età pensionabile sull’occupazione giovanile, alcuni modelli macroeconomici di equilibrio generale suggeriscono che la riforma pensionistica italiana del 2011 abbia ridotto, anche se in misura contenuta, la crescita del PIL nei primi anni di simulazione. Mentre tale riforma ha consentito di avere stabilità e sostenibilità del sistema pensionistico in un momento storico, i bisogni e le esigenze di oggi richiedono una risposta nuova, ed è quella che ho appena evidenziato.

Il Governo quindi ritiene che, adattando il disegno della riforma al contesto italiano, si promuoverà un ricambio generazionale e si raggiungerà anche il fondamentale obiettivo di immettere nuove risorse e nuove competenze nel mercato del lavoro. Unitamente al progresso tecnologico, questo obiettivo porta in sé un importante potenziale di innovazione sia nel comparto pubblico che in quello privato.

Quando guardiamo Milano pensiamo all’innovazione: è un suo tratto caratteristico. L’alto tasso di innovazione - determinato dalla “contaminazione” tra imprese tradizionali dalle oltre quattromila aziende straniere e dalle numerose start-up innovative presenti sul territorio milanese e lombardo - ha consentito in questa parte d’Italia di registrare importanti risultati in termini di produzione e occupazione. Come ben sapete la produzione manifatturiera delle grandi imprese è infatti ormai ampiamente oltre il livello pre-2008 e il tasso di occupazione in Lombardia ha superato il livello pre-crisi, mentre quello di disoccupazione giovanile è ormai inferiore al 23%, oltre sette punti percentuali sotto la media nazionale.

Siamo consapevoli come Governo che solo una azione coordinata sul supporto all’entrata e sulla gestione delle uscite dal mercato del lavoro porterà i risultati attesi in termini di crescita e di rinnovamento del capitale umano nelle imprese italiane. Non ci aspettiamo una sostituzione 1 a 1, è invece necessario disegnare percorsi di transizione che consentano, oltre al trasferimento delle esperienze lavorative, sostenibilità e stabilità per le imprese, ma anche una rete di sicurezza per le persone di fronte ai necessari processi di riconversione dei sistemi produttivi. Chiudendo sul capitolo della riforma delle pensioni e dei suoi effetti attesi, vorrei sottolineare che l’offerta di prospettive di occupazione stabile ai giovani si profila anche come strumento di contrasto al fenomeno della bassa natalità in Italia che, se non risolta, comporterà problematiche future alla sostenibilità del sistema pensionistico.

FISCO
Il quarto pilastro con completa la Strategia del Governo è il fisco. Le misure riguardanti il fisco contribuiscono a facilitare la vita delle imprese dando loro la possibilità di chiudere posizioni aperte con le agenzie fiscali, di concentrare le proprie energie sul loro core business e di continuare a investire per innovare. Con il Consiglio dei Ministri del 15 ottobre abbiamo approvato due decreti legge – uno in materia di fisco, l’altro di semplificazioni – e il disegno di legge di bilancio, dando un contenuto normativo alla Nota di Aggiornamento presentata la settimana scorsa. Il contenuto dei 12 provvedimenti approvati è stato trasmesso alle autorità europee con il Documento Programmatico di Bilancio. Venendo alle misure in materia di fisco, interveniamo su numerosi settori.

Vorrei sinteticamente ricordare i punti salienti, quali:

  • Il disinnesco completo dell’aumento dell’IVA previsto per il 2019 e in misura parziale per il 2020 e 2021.
  • La riduzione delle imposte, partendo da lavoratori autonomi, artigiani e piccole imprese;
  • Le misure di semplificazione, essenziali per la crescita come, ad esempio, la fatturazione elettronica dove ci siamo impegnati a sostenere attivamente gli operatori implementare con maggior facilità il nuovo sistema dal 1° gennaio 2019; e la riduzione degli oneri informativi per le imprese partecipanti agli appalti;
  • La pacificazione fiscale, dove viene data la possibilità al contribuente di definire in via agevolata la propria posizione fiscale, dalla fase precontenziosa sino alla pendenza del giudizio di Cassazione.
  • Il sostegno agli investimenti privati, con l’abbassamento dell’aliquota IRES sugli utili reinvestiti per ricerca e sviluppo, macchinari e assunzioni stabili, che viene tagliata dal 24% al 15%. Sono inoltre previsti incentivi fiscali per chi farà investimenti verdi. Uno stimolo alle imprese innovative arriva anche attraverso lo snellimento delle procedure per le start-up e gli incubatori.
  • Infine, la proroga dell’iper-ammortamento per gli investimenti fino al 30 giugno 2020.

Conclusioni
Nel concludere questo mio intervento vorrei ribadire che, nel complesso, ritengo che le misure rapidamente citate rappresentino un percorso di politica economica che intende rimettere l’Italia finalmente nella condizione di crescere. È evidente, come menzionato in precedenza, che ciò sarà possibile solo ed esclusivamente con il supporto dell’intero sistema-paese, e di fruttuose partnership tra pubblica amministrazione e imprese, sia a livello nazionale che locale. In questo mio intervento, ho parlato solo brevemente del quadro macroeconomico, delle tensioni commerciali che vediamo a livello globale e di una prospettiva, almeno sul medio termine, che è fonte di incertezza.

Ma voglio fare qui, insieme a voi, un ragionamento pratico al riguardo che vi coinvolge in prima persona. La conferma di una crescita minore rispetto alle attese evidenzia una dinamica che non si registrava dal 2016. Allo stesso modo, le misure protezionistiche avviate a livello internazionale continueranno a contribuire alla decelerazione della crescita se non facciamo nulla a riguardo. In un mondo sempre più globalizzato, e di fronte all’emergere di nuove tensioni commerciali tra economie e potenze internazionali, l’Italia non può permettersi di rimanere indietro, né di mantenere un divario economico tuttora geograficamente marcato al proprio interno.

Come voi sapete, il quadro macro serve a noi economisti per valutare e prendere decisioni che incidono non solo sul breve periodo, ma che possono mitigare anche effetti attesi nel medio periodo. Milano si nutre di talenti internazionali ma anche di talenti italiani, cresciuti professionalmente e accademicamente non solo in città ma anche in altre parti del paese, e che puntano all’eccellenza venendo qui. Questa è la success story che possiamo raccontare oggi.

Domani, però, Milano non può diventare una realtà rivolta unicamente all’internazionale e quindi alla mercé di forti fluttuazioni, in un contesto altamente incerto, circondata da un sistema-paese che non è in grado di seguire il passo.

Con la sua vocazione globale, ulteriormente accresciuta dalla capacità di attrarre investimenti esteri, Milano deve continuare a rappresentare un punto di riferimento per l’intero Paese. Questo, però, dovrà diventare un modello accessibile per tutto il territorio nazionale. Per renderlo possibile, c’è un grande bisogno delle misure che vi ho illustrato, e di altre che progressivamente nell’arco del mandato del Governo verranno implementate. Ma da Milano non si può solo pretendere. Dobbiamo insieme anticipare le sfide e mettere Milano in condizioni di continuare a esprimere il suo enorme potenziale e di consolidare il suo capitale di attrazione. Come per Milano, il Governo crede fermamente nel potenziale del nostro Paese. E come questo meraviglioso luogo rappresenta un pilastro indiscusso dell’arte italiana nel mondo, confido che l’Italia tornerà presto a riaffermare il proprio ruolo sulla scena globale.

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