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Il Documento di Economia e Finanza 2015 approvato ad aprile

 

Documenti

Documento di Economia e Finanza (DEF 2015)

Allegati al DEF

Premessa (Tratta dalla Sezione I – Programma di Stabilità)

Dopo una crisi molto grave e prolungata, nell’ultimo trimestre del 2014 l’economia italiana è uscita dalla recessione. La favorevole evoluzione del contesto macroeconomico sta spingendo le principali organizzazioni internazionali a rivedere al rialzo le stime di crescita per l’Area dell’Euro e l’Italia; abbiamo a disposizione una speciale finestra di opportunità per riprendere a crescere a un ritmo sostenuto e porre il rapporto tra debito e PIL su un sentiero discendente. Non possiamo assolutamente permetterci di sprecarla.
La forte, duratura flessione dei prezzi del petrolio favorisce il miglioramento delle ragioni di scambio, l’aumento del reddito disponibile delle famiglie e dei margini di profitto delle imprese. Ma al di là dell’evoluzione del mercato del petrolio è il clima in Europa a essere cambiato. Anche grazie allo sforzo profuso dall’Italia durante la presidenza di turno dell’Unione, crescita e occupazione sono stati posti al centro del dibattito europeo.
Si è consolidata una convergenza su una strategia basata su i) una politica di responsabilità fiscale, attenta alla crescita pur nel rispetto della disciplina di bilancio; ii) la necessità di accelerare in tutti i paesi le riforme strutturali; iii) la priorità da dare al rilancio degli investimenti pubblici e privati.
Da questo nuovo clima sono scaturiti nuovi impegni e iniziative, sia a livello nazionale che a livello europeo, con il lancio del Piano Juncker e con il Quantitative Easing della BCE. Il Quantitative Easing della BCE – che ha aggiunto gli acquisti del debito sovrano ai programmi di acquisto di attività del settore privato – consentirà una ripresa del credito grazie al mantenimento di condizioni finanziarie accomodanti. Garantendo l’ancoraggio delle aspettative d’inflazione su livelli compatibili con l’obiettivo della BCE, il programma conterrà l’aumento dei tassi d’interesse reali provocato da una debole dinamica dei prezzi. La fiducia di imprese e famiglie ne risulterà rafforzata, gli investimenti e il consumo supportati.
Al contempo, la divergenza dei cicli economici tra le diverse aree valutarie si è associata a un forte deprezzamento dell’euro: la maggiore competitività delle aziende europee sui mercati globali sosterrà la domanda di esportazioni e la dinamica dei prezzi interni.
Riflettendo la favorevole evoluzione del quadro macroeconomico, la crescita dovrebbe rafforzarsi gradualmente in Europa e in Italia, favorendo il servizio e la dinamica del debito. La ripresa nell’area resta tuttavia diseguale ed esposta a numerosi rischi. Le tensioni geopolitiche, l’evoluzione della crisi in Grecia, la decelerazione delle economie emergenti costituiscono elementi d’incertezza. Nel 2014 gli interventi di politica economica del Governo hanno mirato a rilanciare l’economia mediante azioni di sostegno dei redditi e di riduzione del carico fiscale, progredendo inoltre verso la soluzione definitiva al problema dei debiti arretrati delle Amministrazioni pubbliche. Nonostante il perdurare di una fase di debolezza ciclica il Governo ha garantito l’equilibrio dei conti pubblici; l’avanzo primario si è mantenuto tra i più elevati nell’Area dell’Euro, l’incidenza dell’onere del debito sul PIL ha continuato a ridursi, l’indebitamento netto è rimasto entro la soglia del 3,0 per cento.
La forte discontinuità di politica economica imposta dal Governo è tesa a imprimere una decisa accelerazione a investimenti e consumi, e a consolidare l’attuale sensibile miglioramento delle aspettative di imprese e famiglie; l’irrobustimento della crescita impatterà progressivamente sulle condizioni del mercato del lavoro, che al momento continuano a risentire delle gravi conseguenze della crisi.
Per sostenere la ripresa nascente e l’occupazione il Governo intende i) perseguire una politica di bilancio di sostegno alla crescita, nel rispetto delle regole comuni adottate nell’Unione europea; ii) proseguire nel percorso di riforma strutturale del Paese per aumentarne significativamente le capacità competitive; iii) migliorare l’ambiente normativo delle imprese e le condizioni alla base delle decisioni d’investimento.
Queste azioni si rafforzano a vicenda e tracciano una strategia coerente, in cui le riforme – nei mercati del lavoro, dei prodotti e dei servizi, in campo finanziario e fiscale – rilanciano la competitività e creano un clima più favorevole per le opportunità di investimento. Gli investimenti svolgono un ruolo centrale: nel breve periodo promuovono nuove opportunità di lavoro e sostengono la domanda, ponendo le basi per l’incremento del potenziale di crescita nel medio periodo; al tempo stesso consolidano l’attuazione e il dispiegarsi degli effetti delle riforme. Una politica di bilancio responsabile e favorevole alla crescita – nei saldi e nella composizione – assicurerà la fiducia dei mercati; il mantenimento di aspettative favorevoli rafforzerà ulteriormente la domanda e la crescita, dunque la sostenibilità di lungo periodo delle stesse finanze pubbliche.

Politiche di bilancio

La politica di bilancio presentata nel Documento di Economia e Finanza per il 2015 è volta a i) sostenere la ripresa economica, in primo luogo evitando qualsiasi aumento del prelievo fiscale, ma anche rilanciando gli investimenti – compresi quelli nell’edilizia scolastica; ii) collocare su un sentiero di riduzione il rapporto tra il debito pubblico e il PIL, così rafforzando la fiducia dei mercati; iii) irrobustire la fase di ripresa dell’economia, che porterà con se un deciso recupero dell’occupazione nel prossimo triennio.
Il quadro macroeconomico prefigurato nel DEF è in linea con quello prevalente tra i principali previsori nazionali e internazionali. Lo scenario programmatico segna il ritorno della crescita dopo un prolungato periodo di recessione. Per il 2015 si riscontra un incremento del PIL pari allo 0,7 per cento, che si porterebbe all’1,4 e all’1,5 per cento nel 2016 e 2017, rispettivamente. Rispetto al tendenziale la crescita risulta lievemente più elevata, in particolare negli ultimi anni dell’orizzonte previsivo; vi contribuiscono gli effetti della politica di bilancio orientata alla crescita, unitamente a quelli delle riforme.
Vengono confermati gli obiettivi di indebitamento netto indicati lo scorso autunno per il triennio 2015-2017 – rispettivamente pari a 2,6, 1,8 e 0,8 per cento del PIL. Si riduce la pressione fiscale, al netto della classificazione contabile del bonus IRPEF 80 euro.
Viene scongiurata l’attivazione delle clausole di salvaguardia per il 2016 – volte a garantire il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica – che avrebbero prodotto aumenti del prelievo pari all’1,0 per cento del PIL. Questo obiettivo viene raggiunto i) in parte grazie al miglioramento del quadro macroeconomico – che si riflette in un aumento del gettito – e alla flessione della spesa per interessi rispetto alle previsioni dello scorso autunno, con un effetto complessivo valutabile in 0,4 punti percentuali del PIL; ii) in parte per effetto delle misure di revisione della spesa che verranno definite nei prossimi mesi, per un importo pari allo 0,6 per cento del PIL. Si tratta di un intervento cruciale che determina un abbattimento significativo della pressione fiscale contemplata dal quadro tendenziale.
Al fine di facilitare il processo di ripresa economica, nel 2016 ci si intende avvalere della flessibilità delle finanze pubbliche connessa all’utilizzo della clausola europea sulle riforme; ne conseguirebbe un percorso di miglioramento del saldo strutturale più graduale, che contempla il raggiungimento del pareggio di bilancio strutturale nel 2017.
Accanto alla dimensione quantitativa della programmazione economica, espressa dai saldi di bilancio, vi è una dimensione qualitativa, che attiene alla composizione delle entrate e delle uscite che determinano i saldi stessi, un fattore cruciale per promuovere la crescita. In tale ambito il Governo ha già assunto misure in materia di revisione della spesa – che liberano risorse grazie alla maggiore efficienza nella produzione dei servizi ai cittadini e alle imprese – e di ricomposizione del prelievo, favorendo il trattamento fiscale del lavoro rispetto a quello delle rendite.
Con l’obiettivo di coniugare la spinta per la competitività con il risanamento della finanza pubblica, alla prosecuzione dell’incisivo processo di revisione della spesa si accompagna un programma per la valorizzazione e la dismissione del patrimonio pubblico. Sono in corso di ultimazione le procedure amministrative per le privatizzazioni annunciate, che nel 2015 porteranno proventi pari a circa lo 0,4 per cento del PIL; si stima che in seguito – tra il 2016 e il 2018 - il programma di privatizzazioni consentirà di mobilizzare risorse pari a circa l’1,3 per cento del PIL.
Nelle previsioni il rapporto tra debito e PIL crescerà nel 2015 (da 132,1 a 132,5 per cento) per poi scendere significativamente nel biennio successivo (a 130,9 e 127,4), anche grazie al contributo delle privatizzazioni; ciò consentirà di rispettare la regola del debito prevista dalla normativa europea e nazionale.
Questi numeri riflettono valutazioni prudenziali. Gli obiettivi per il 2016 (e gli anni successivi) potranno essere rivisti positivamente a settembre con la Nota di Aggiornamento del DEF. Il Governo non esclude che per quella data sia possibile indicare un tasso di crescita più elevato; ciò offrirebbe margini più ampi per la riduzione della pressione fiscale.

Riforme strutturali

Al fine di attivare in un’unica coordinata strategia interazioni positive con la politica di bilancio, il Governo sta realizzando un ampio programma di riforme strutturali, che si articola lungo tre direttrici fondamentali: i) l’innalzamento della produttività del sistema mediante la valorizzazione del capitale umano (Jobs Act, Buona Scuola, Programma Nazionale della Ricerca); ii) la diminuzione dei costi indiretti per le imprese connessi agli adempimenti burocratici e all’attività della Pubblica Amministrazione, mediante la semplificazione e la maggiore trasparenza delle burocrazie (riforma della Pubblica Amministrazione, interventi anti-corruzione, riforma fiscale); iii) la riduzione dei margini di incertezza dell'assetto giuridico per alcuni settori, sia dal punto di vista della disciplina generale, sia dal punto di vista degli strumenti che ne assicurano l'efficacia (nuova disciplina del licenziamento, riforma della giustizia civile). Gli effetti del programma risultano potenziati dagli interventi istituzionali volti a riformare la legge elettorale, differenziare le funzioni di Camera e Senato, accelerare il processo decisionale di approvazione delle leggi. L’impatto delle riforme strutturali sul PIL programmatico sconta un profilo prudenziale, assumendo un effetto crescente nel tempo; va peraltro notato che una parte dell’impatto delle riforme è ricompresa nel quadro macro tendenziale. Gli effetti cumulati sono in linea con le previsioni formulate dalle principali organizzazioni internazionali.
Con l’obiettivo di avviare la ripresa massimizzandone l’impatto occupazionale il Governo ha già approvato quattro decreti attuativi del Jobs Act, al fine di completare la riforma entro la prima metà dell’anno in corso; si tratta delle disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali, semplificazione delle tipologie contrattuali e conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Diventerà così più vantaggioso non solo assumere nuovo personale, ma anche stabilizzare rapporti di lavoro flessibile esistenti, così incentivando gli investimenti nell’istruzione per i lavoratori, nella formazione per le imprese.
Gli effetti degli interventi sul funzionamento del mercato del lavoro risulteranno amplificati dagli incentivi fiscali introdotti con la Legge di Stabilità per il 2015, quali la riduzione permanente del cuneo fiscale per i dipendenti con un reddito inferiore a 26 mila euro (bonus IRPEF 80 euro); la deducibilità, per le imprese e alcuni lavoratori, del costo del lavoro dalla base imponibile ai fini IRAP; l’esenzione totale, per 36 mesi, dal pagamento dei contributi sociali per i nuovi contratti a tempo indeterminato stipulati nel 2015.
Ampliando l’orizzonte temporale di riferimento, il compito di accrescere significativamente la qualità del capitale umano del Paese è affidato alla riforma del sistema dell’istruzione (La Buona Scuola), i cui fondamenti sono: un piano straordinario di assunzioni teso a soddisfare stabilmente le esigenze degli organici; un maggiore ruolo del merito nel definire gli avanzamenti dei docenti; una maggiore trasparenza nella gestione delle scuole; l’introduzione di incentivi fiscali a favore degli investimenti privati nelle infrastrutture scolastiche e nell’offerta didattica; l’obbligatorietà della formazione professionale per i percorsi tecnici; il riconoscimento della centralità – nel panorama dell’offerta didattica – dell’apprendimento delle lingue straniere e dell’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.
Affinché un’economia utilizzi adeguatamente il capitale umano disponibile, le imprese dovranno essere messe in condizione di operare in un contesto favorevole agli investimenti; in tal senso è particolarmente urgente continuare ad aumentare l’efficienza della Pubblica Amministrazione – nel 2014 sono state ad esempio introdotte norme volte a favorire la mobilità interna e tra amministrazioni dei dipendenti. Una riforma organica del settore, di iniziativa governativa, è attualmente all’esame del Parlamento; intende rimuovere alcune disfunzioni delle burocrazie, puntando ad esempio su una migliore gestione delle risorse umane e un più efficace utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.
Gli investimenti delle imprese in Italia sono frenati anche da fenomeni di corruzione e dai problemi che ostacolano l’adeguato funzionamento della giustizia, in particolare civile. Per contrastare i fenomeni di corruzione nel settore pubblico e aumentare la trasparenza sono stati adottati diversi interventi normativi, che hanno consentito tra l’altro la nascita e il rafforzamento dell’Autorità Nazionale Anticorruzione; in materia di corruzione e tempi di prescrizione di alcuni reati ulteriori misure sono al vaglio del Parlamento. Al fine di accrescere la produttività della giustizia si è scelto di specializzare maggiormente l’attività degli uffici giudiziari: è stato istituito il tribunale delle imprese e si è intervenuti sulla distribuzione geografica degli uffici giudiziari, conseguendo economie di scala. Risorse crescenti sono state inoltre stanziate per il piano di digitalizzazione della giustizia, in particolare per accelerare il completamento del processo civile telematico. Al fine di snellire l’attività processuale sono state introdotte nuove modalità di risoluzione delle controversie esterne ai tribunali e nuove formule di determinazione degli onorari degli avvocati.
L’attuazione delle riforme procede a un ritmo serrato. La Presidenza del Consiglio dei Ministri verifica costantemente che le misure introdotte vengano attuate nei tempi stabiliti, attraverso un’azione di coordinamento e impulso che sta producendo una significativa accelerazione dei processi attuativi.
Il Governo stima che le riforme, una volta attuate, eserciteranno un impatto significativo sulla crescita di lungo termine, sull’occupazione e sulla sostenibilità delle finanze pubbliche; le riforme rappresentano inoltre un fattore cruciale di impulso per gli investimenti. Rafforzandosi reciprocamente, riforme strutturali e investimenti accrescono stabilmente il potenziale, migliorando le aspettative di imprese e famiglie sulle prospettive dell’economia.

Investimenti

L’Italia ha fornito durante il Semestre di presidenza della UE un decisivo impulso al dibattito sull’agenda degli investimenti in Europa, risultando tra i principali artefici dell’iniziativa che ha portato al lancio del Piano di investimenti per l’Europa e alla creazione del Fondo Europeo per gli Investimenti Strategici (EFSI – European Fund for Strategic Investments). È un’importante occasione per sospingere gli investimenti privati con il sostegno pubblico, nei limiti dei vincoli di bilancio; agendo assieme i paesi europei produrranno un impatto maggiore sulla domanda aggregata dell’area.
Affinché la ripresa si consolidi e la produttività acceleri nel medio periodo è indispensabile che gli investimenti riprendano a crescere stabilmente. L’ampio deficit di investimenti in Europa non è solo il frutto di fattori strutturali, ma anche delle incertezze sulle prospettive di crescita e della bassa domanda aggregata. La carenza di investimenti appare particolarmente acuta in diversi settori fondamentali per la competitività (ricerca, infrastrutture) e in alcuni paesi, tra cui l’Italia; essa si associa inoltre a una frammentazione dei mercati finanziari, contraria alla stessa concezione di un mercato unico.
Il Piano di investimenti per l’Europa ricomprende sia politiche strutturali volte a migliorare il business climate nei nostri paesi, sia la previsione di un forte impulso macroeconomico, che aiuterà a superare l’incertezza sulle prospettive di crescita. Il Fondo potrà garantire e finanziare progetti nei settori delle infrastrutture, energia, istruzione, ricerca, tutela delle risorse naturali, innovazione e PMI, sia con strumenti di debito sia con investimenti di capitale.
Le aspettative che il piano ha suscitato non possono essere deluse; perché sia pienamente efficace, i tempi di realizzazione sono fondamentali e devono essere rapidi, sebbene sia ormai evidente che i primi effetti si potranno registrare a partire dal 2016. L’impatto economico del Piano dipende in maniera critica dall’effettiva addizionalità delle risorse impiegate. È quindi essenziale che il Fondo vada a finanziare progetti aggiuntivi rispetto agli investimenti sostenuti dagli attuali programmi europei, che non si sarebbero altrimenti materializzati in assenza dell’intervento dell’EFSI o per il loro eccessivo rischio o per altri fallimenti del mercato e vincoli finanziari o di bilancio.
Nel corso del 2014 il Governo è intervenuto per migliorare l’ambiente economico per gli investimenti privati, inclusi quelli esteri. Le aziende possono oggi contare su una serie di incentivi fiscali per investire in beni strumentali, finanziare la ricerca e sviluppare marchi e brevetti. Sono stati introdotti i) l’istituto del voto plurimo, volto a incentivare la quotazione soprattutto delle PMI e ad accrescere la stabilità della governance delle imprese; ii) la possibilità per le assicurazioni, i fondi di credito e le società di cartolarizzazione di finanziare direttamente le aziende, connettendo domanda e offerta di capitali. Il provvedimento “Sblocca Italia” ha contribuito a migliorare gli strumenti di investimento esistenti, come i project bonds, per consentire ai privati di investire nelle infrastrutture. Gli investitori esteri nel nostro Paese hanno oggi a disposizione tribunali specializzati e possono fare sempre più affidamento su un regime fiscale certo, garantito da accordi di ruling di standard internazionale con l’Agenzia delle Entrate.
Per sostenere il rilancio degli investimenti il Governo è intervenuto con il pacchetto Investment Compact, la cui attuazione è prevista nell’anno in corso. Nel dettaglio le norme sono volte a i) sostenere le imprese in temporanea difficoltà nel percorso di risanamento e consolidamento industriale; ii) accrescere le possibilità di finanziamento per l’internazionalizzazione delle imprese e le esportazioni; iii) incrementare i benefici a favore delle start-up, estendendoli alle PMI innovative; iv) aumentare gli sgravi fiscali per le attività di ricerca e sviluppo e per i brevetti; v) sviluppare i canali di finanziamento per le imprese alternativi al credito bancario; vi) ampliare le possibilità di accesso al fondo centrale di garanzia.
All’interno dell’Investment Compact si colloca anche la riforma delle banche popolari, il cui obiettivo è accrescere l’efficienza e la solidità del sistema bancario italiano, che deve tornare a finanziare adeguatamente l’economia reale; gli effetti della riforma risulteranno complementari alle misure di “Finanza per la Crescita”, tese a potenziare e diversificare gli strumenti non bancari di finanziamento delle imprese, soprattutto piccole e medie, verso progetti di investimento di medio-lungo periodo. Dall’analisi dei dati di finanza pubblica emerge un altro elemento cruciale: nel 2015 si è finalmente interrotta la caduta degli investimenti pubblici, nei prossimi anni si prevede un graduale incremento della spesa in conto capitale. In una prospettiva di medio-lungo termine le azioni dell’esecutivo saranno dirette a i) rafforzare la governance degli investimenti pubblici; ii) aumentare la capacità progettuale nella predisposizione delle opere pubbliche; iii) estendere la trasparenza nelle procedure di svolgimento; iv) migliorare i processi di valutazione ex-ante ed ex-post. Più in generale, politiche di massima trasparenza informeranno tutta l’azione della pubblica amministrazione non solo come strumento di prevenzione della corruzione, ma anche come leva per incrementare l’efficacia dell’intervento pubblico.

***

In un periodo di transizione delle istituzioni europee e a fronte di una situazione economica difficile l’Italia ha promosso iniziative di grande rilievo per sostenere la crescita e l’occupazione nell’Area dell’Euro. Parallelamente, il Paese sta promuovendo una chiara e incisiva agenda di politica economica interna: a una politica di bilancio responsabile, che assicura la fiducia dei mercati grazie a finanze pubbliche solide, abbiamo affiancato un programma straordinario di riforme, in grado di aumentare la competitività e accrescere il potenziale di crescita nel lungo periodo. Le condizioni di stabilità politica e continuità istituzionale create dal Governo consentono di proiettare l’azione di politica economica verso un orizzonte ampio, ponendo rimedio a interventi spesso residuali, imposti da logiche di breve periodo, condizionate dall’instabilità. L’azione complessiva descritta nel Documento di Economia e Finanza beneficia di questo più ampio orizzonte, e si sviluppa in un arco temporale realistico per i tempi dell’economia e del cambiamento istituzionale e sociale richiesto dalle ambiziose riforme messe in campo.

I numeri principali

TAVOLA I.1: INDICATORI DI FINANZA PUBBLICA (in percentuale del PIL) (1)
QUADRO PROGRAMMATICO 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019
Indebitamento netto -2,9 -3,0 -2,6 -1,8 -0,8 0,0 0,4
Saldo primario 1,9 1,6 1,6 2,4 3,2 3,8 4,0
Interessi 4,8 4,7 4,2 4,2 4,0 3,8 3,7
Indebitamento netto strutturale (2) -0,7 -0,7 -0,5 -0,4 0,0 0,1 0,2
Variazione strutturale 0,4 0,0 0,2 0,1 0,3 0,2 0,0
Debito pubblico (lordo sostegni e debiti PA) (3) 128,5 132,1 132,5 130,9 127,4 123,4 120,0
Debito pubblico (netto sostegni) (3) 125,1 128,4 128,9 127,3 123,9 120,1 116,7
Debito pubblico (netto sostegni e debiti PA) (3) 123,9 125,9 126,1 124,7 121,4 117,7 114,4
Obiettivo per la regola del debito (4)           123,4  
Variazione cumulata del saldo primario     -0,1 -0,4 -0,6 -0,5 -0,5
Proventi da privatizzazioni     0,4 0,5 0,5 0,3  
QUADRO TENDENZIALE
Indebitamento netto -2,9 -3,0 -2,5 -1,4 -0,2 0,5 0,9
Saldo primario 1,9 1,6 1,7 2,8 3,8 4,3 4,6
Interessi 4,8 4,7 4,2 4,2 4,0 3,8 3,7
Indebitamento netto strutturale (2) -0,7 -0,8 -0,5 0,0 0,5 0,8 0,8
Variazione strutturale 0,4 0,0 0,3 0,5 0,6 0,3 0,0
Debito pubblico (lordo sostegni e debiti PA) (3) 128,5 132,1 132,4 130,3 127,2 123,7 120,2
Debito pubblico (lordo sostegni) (3) 125,1 128,4 128,8 126,8 123,7 120,3 116,9
Debito pubblico (netto sostegni e debiti PA) (3) 123,9 125,9 126 124,2 121,2 117,9 114,6
MEMO: Draft Budgetary Plan 2015 (ottobre 2014)
Indebitamento netto tendenziale   -3,0 -2,6 -1,8 -0,8 -0,2  
Indebitamento netto strutturale (2)   -0,9 -0,6 -0,4 0,0 0,0  
Debito pubblico (lordo sostegni e debiti PA) (5)   131,6 133,1 131,6 128,4 124,3  
MEMO: NOTA AGGIORNAMENTO DEL DEF 2014 (settembre 2014)
Indebitamento netto -2,8 -3,0 -2,9 -1,8 -0,8 -0,2  
Saldo primario 2,0 1,7 1,6 2,7 3,4 3,9  
Interessi 4,8 4,7 4,5 4,5 4,2 4,1  
Indebitamento netto strutturale (2) -0,7 -0,9 -0,9 -0,4 0,0 0,0  
Variazione strutturale 0,8 -0,3 0,1 0,5 0,4 0,0  
Debito pubblico (lordo sostegni e debiti PA) (5) 127,9 131,6 133,4 131,9 128,6 124,6  
Debito pubblico (netto sostegni) (5) 124,4 127,8 129,7 128,2 125,0 121,0  
Debito pubblico (netto sostegni e debiti PA) (5) 123,2 125,0 126,9 125,6 122,6 118,8  
PIL nominale tendenziale (val. assoluti x 1.000) 1609,5 1616,0 1639,0 1687,7 1738,4 1788,6 1841,0
PIL nominale programmatico (val. assoluti x 1.000) 1609,5 1616,0 1639,0 1681,5 1737,0 1793,4 1848,6
  • (1) Eventuali imprecisioni derivano da arrotondamenti.
  • (2) Al netto delle una tantum e della componente ciclica.
  • (3) Al lordo ovvero al netto delle quote di pertinenza dell’Italia dei prestiti a Stati membri dell'UEM, bilaterali o attraverso l'EFSF, e del contributo al capitale dell'ESM. A tutto il 2014 l'ammontare di tali quote è stato pari a circa 60,3 miliardi, di cui 46,0 miliardi per prestiti bilaterali e attraverso l'EFSF e 14,3 miliardi per il programma ESM (cfr. Banca d’Italia, Supplemento al bollettino statistico Finanza pubblica, fabbisogno e debito n. 15 del 13 marzo 2015). Le stime programmatiche considerano proventi da privatizzazioni pari allo 0,41 per cento di PIL nel 2015, 0,5 per cento di PIL nel 2016 e 2017 e 0,3 per cento nel 2018. Tali proventi includono anche la quota residua pari a 1.071 milioni di euro di rimborsi nel triennio 2015-2017dei bond emessi dal Monte dei Paschi di Siena e acquistati dal Tesoro. Inoltre tali stime scontano l’ipotesi di un’uscita graduale dalla Tesoreria Unica a partire dal 2017 e una modesta riduzione delle giacenze di liquidità del MEF per circa 0,17 per cento di PIL nel 2017 e per circa 0,14 per cento di PIL nel 2018.Lo scenario dei tassi di interesse utilizzato per le stime si basa sulle previsioni implicite derivanti dai tassi forward sui titoli di Stato italiani del periodo di compilazione del presente documento.
  • (4) Livello del rapporto debito/PIL che assicura l’osservanza della regola nel 2016 sulla base della dinamica prevista al 2018 (criterio forward-looking). Per ulteriori dettagli si veda il paragrafo III.7.
  • (5) Al lordo ovvero al netto delle quote di pertinenza dell’Italia dei prestiti a Stati membri dell'UEM, bilaterali o attraverso l'EFSF, e del contributo al capitale dell'ESM. Le stime considerano proventi da privatizzazione pari a 0,28 per cento di PIL nel 2014 e a circa lo 0,7 per cento di PIL per ogni anno dal 2015 al 2018. Inoltre, tali stime scontano l'ipotesi di una posticipazione dell'uscita dalla Tesoreria Unica a partire dal 2018 anziché nel 2015. Le stime includono i proventi derivanti dal rimborso dei bond finanziati dal Tesoro al Monte Paschi di Siena per 3,0 miliardi nel 2014 (prima tranche pagata a luglio 2014) e circa 1 miliardo nel periodo 2015-2016. Lo scenario ipotizza una graduale chiusura degli spread di rendimento a dieci anni dei titoli di Stato italiani rispetto a quelli tedeschi dal livello attuale del 2014, a 150 punti base nel 2015 e 100 punti base nel 2016 e 2017.

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