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Stime FMI su occupazione non tengono conto delle riforme attuate

Roma, 27 luglio 2015 – La stima del FMI (secondo la quale occorrerebbero 20 anni in Italia per riportare l’occupazione ai livelli pre-crisi) è basata su una metodologia che non tiene conto delle riforme strutturali che già sono state introdotte (per esempio la riforma del mercato del lavoro e la riduzione della tassazione sul lavoro) né di quelle che sono in corso di implementazione (per esempio l’efficientamento della pubblica amministrazione). La metodologia utilizza infatti previsioni di crescita del PIL che, prudenzialmente, non tengono conto dell’effetto delle riforme. Inoltre anche l’effetto della crescita del PIL sulla occupazione (il cosiddetto “coefficiente di Okun”) è basato sulla esperienza passata, quella pre-riforme, e quindi non tiene in considerazione l’effetto che le riforme avranno sulla occupazione a parità di crescita.

I dati sull'andamento del mercato del lavoro degli ultimi mesi sembrano confermare l'impatto dell'azione congiunta delle riforme e della leva fiscale, con risultati migliori delle aspettative.

Sulle stime FMI pubblichiamo un’analisi ulteriore del 28 luglio 2015.
Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha diffuso stime secondo le quali ai tassi di crescita attuali occorrerebbero 20 anni per recuperare livelli occupazioni precedenti alla crisi. Questa stima è basata su una applicazione controversa della "legge di Okun". Inoltre, la stima adotta una elasticità dell’occupazione rispetto al Prodotto interno lordo (PIL) pari a 0,3 laddove per il resto d’Europa vengono adottati valori vicini a 1. In particolare questa ultima scelta sembra derivare dalla consapevolezza dei numerosi ostacoli strutturali alla crescita e al dinamismo del mercato del lavoro che hanno caratterizzato la nostra economia negli ultimi decenni, associata a una scarsa fiducia nella capacità dell’Italia di rimuovere questi stessi ostacoli.
L’analisi sugli ostacoli strutturali è ampiamente condivisibile e proprio per questo il Governo ha approntato una ambiziosa agenda di riforme la cui attuazione è già avviata su diversi fronti (per ricordare solo alcune delle misure strutturali che affrontano i problemi citati dal FMI: il Jobs Act, la riforma del settore bancario, la riforma della giustizia civile). Tuttavia, alla luce della rapidità con le quali molte riforme sono già state realizzate, non sembra giustificato lo scetticismo sulla capacità di implementazione. Le riforme strutturali già attuate e quelle in via di attuazione modernizzano il Paese e ne aumentano la competitività, favorendo tassi di crescita più elevati e quindi un recupero più rapido dell’occupazione.
Stime diverse sulla base di assunti alternativi possono essere realizzate con esiti divergenti da quelli cui giunge il Fondo. Per esempio, se nei prossimi anni la crescita si tenesse intorno al valore mediano registrato dal 1996 ad oggi, la perdita di occupazione rispetto al 2008 verrebbe recuperata nel giro di 10 anni (un tempo molto lungo, ma comunque la metà del tempo stimato dal FMI). Se la crescita fosse pari a quella registrata in 12 anni degli ultimi 40 basterebbero meno di 3 anni. Un tasso di crescita più elevato consentirebbe un recupero ancora più celere.
Come dico lo stesso Fondo, “without a significant pick-up in growth” il recupero dell’occupazione sarebbe molto lento. Ed è per stimolare il ritorno a una crescita sostenuta e sostenibile nel tempo che il Governo procede a ritmo serrato con l’attuazione delle riforme strutturali insieme a una politica di bilancio capace di stimolare la crescita e consolidare le finanze pubbliche al tempo stesso.

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